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Cassone XVI secolo

Nord Italia, XVI secolo

Descrizione:

L’arredo presenta una forma convessa sul fronte con piano apribile. In legno di pino cembro, la superficie è partita da cornici applicate e cornici tonde a motivo decorativo. Tutta la superficie presenta una decorazione pirografata. Sul fronte nei tre riquadri centrali in un fitto decoro fogliaceo sono presenti sei angeli musicanti, posti attorno a due rosoni e allo stemma centrale; il resto del fronte presenta una greca fiorita in cui sono posti dei putti. Lo stemma araldico contiene un gambero. Sui fianchi dove sono poste le maniglie in ferro prosegue la greca nella fascia superiore mentre al centro è ripetuto lo stemma.

La cassa è decorata anche all’interno con tre rosoni, due musici e un nuovo stemma araldico con un cuore trafitto da spade. Anche il retro del piano, visibile aperto, presenta un rosone con lo stemma di famiglia e due aquile. Vi sono segni di due cerniere antiche ma posticce. Dalle tracce lasciate dovevano essere del settecento lanceolate, e coprivano in modo inverosimile parte della decorazione. In origine molto probabilmente portava cerniere ad anello come quelle che porta adesso. Vi sono due restauri sulle punte d’appoggio dei fianchi.

Dimensioni: 47 x 137 x 42 cm

Analisi storico-stilistica:

Le casse con fronte convesso sono comunemente date all’area veneta, numerosa bibliografia ne riporta esempi e noi stessi siamo stati in possesso di una cassetta dorata con la stessa forma appartenente a un casato veneto: i Belloni. Il casato a cui sembra appartenere questo arredo è quello dei Gambara, “gambero di rosso visto di dorso posto in palo su oro” (Spreti 3° pag. 348). Si tratta di una delle famiglie più potenti in epoca rinascimentale a Brescia, città che subisce fortemente l’influenza veneta, anche se non ci è permesso sapere con certezza se la cassa sia veneta o di produzione bresciana.

Esiste un altro cassone molto simile conservato al Castello Sforzesco di Milano presso le Civiche Raccolte del Museo di Arti Applicate, pubblicato da Enrico Colle. La corrispondenza è tale da far ipotizzare che i due arredi escano dalla stessa bottega, anche in quel caso abbiamo gli stessi motivi con cornici a cerchio e la stessa decorazione a pirografo. Si ripetono le girali fogliacee e anche in quel caso vi sono rosoni e figure di musici, più grande però nelle dimensioni.

Altre casse sono pubblicate sui testi legati al mobile veneto e comunque dell’arco alpino ma per lo più sono casse pirografate ma con fondo ribassato, una tipologia di produzione diversa che richiedeva spessori più abbondanti. La destinazione era normalmente quella di cassa nuziale, fatta per contenere la biancheria: il materiale utilizzato, per lo più pino cembro e cipresso, garantiva infatti la protezione da tarma e una caratteristica profumazione del legno.

Bibliografia:

– Clelia Alberici, Il Mobile Veneto, ed. Electa 1980;

– Enrico Colle, Museo d’Arti Applicate, ed. Electa 1996;

– Clara Santini, Mille mobili veneti, ed. Artioli 2000;

– Gilda Rossi, I Mobili nelle civiche raccolte artistiche di Milano, ed. Aldo Martello, Milano 1963.

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