Mobile architettonico, composto da cassettiera con ribalta sormontata da un corpo a due ante. Il fronte della cassettiera si presenta mosso a balestra con tre cassetti, al di sopra dei quali una modanatura delimita una fascia che si muove verso l’anta a ribalta in cui sono alloggiati i sostegni dell’anta e tre cassetti più piccoli. L’anta nasconde uno scarabattolo mosso e composto da nove cassettini e vani portalettere. La parte superiore presenta due ante con specchi; queste sono affrontate con timpano scomposto, “alla Buontalenti”, da cui si sviluppa una cimasa articolata impreziosita da una riserva centrale con un terzo specchio sagomato; gli specchi, realizzati al mercurio sono bisellati sugli spigoli. All’interno del corpo superiore è presente un castello con antina centrale, cassettini e vani portalettere. I fianchi si muovono allargandosi verso la parete e sono impreziositi dalle lesene architettoniche del fronte riproposte a metà contro parete.
Tutta la superficie è impiallacciata in radica di noce con nastri intarsiati in radica di pioppo, contenuti in una filettatura in stagno; gli interni realizzati in noce sono impiallacciati in radica di noce. Tutte le cornici sono realizzate in legno di noce rigatino lavorato di testa. Sui montanti architettonici vi sono basi e capitelli intagliati e dorati; sulle lesene frontali dei mascheroni intagliati e dorati accompagnano il movimento della fascia. La ferramenta è originale, le serrature sono realizzate in ferro acciaioso con rivestimento in ottone, sempre in ottone sono le tipiche cerniere a “oliva”; la maniglieria è realizzata in bronzo, finemente cesellato e dorato al mercurio. Interni in noce. Piedi rifatti.
Dimensioni: 259 x 135 x 58 cm
CODICE: ANMORI0252940
Il mobile qui presentato è uno dei capolavori dell’ebanisteria genovese dei primi anni del Settecento. Periodo in cui la città guarda fortemente ai modelli inglesi, sia nella decorazione che nella tipologia di arredo, il “burò con scansia a specchi”, come definito negli inventari, è infatti un mobile anglosassone non presente nei modelli parigini, arrivati a Genova probabilmente attraverso le fitte relazioni commerciali delle due marinarie. Negli anni Quaranta e Cinquanta del secolo, questi modelli Queen Anne prenderanno via via forme più sinuose e bombate, influenzate dal rococò francese fino ad arrivare a quei modelli barocchetto che hanno reso celebre l’ebanisteria genovese; arredi di grande eleganza impiallacciati con essenze esotiche, bois de violette e palissandri.
In questo caso siamo ancora nei primi decenni del secolo con una tipologia di arredi piuttosto rara. Il modello inglese subisce l’influenza del barocco italiano come ben si evince dalle mosse e dai mascheroni intagliati posti sopra le lesene architettoniche. Per i legni del rivestimento si scelgono delle bellissime radiche locali, il noce ed il pioppo, non ancora essenze estere, del resto la radica di noce era uno dei legni preferiti in Inghilterra. La decorazione a nastro come la costruzione degli interni e la maniglieria sono altre derivazioni dal mondo anglosassone. Le bocchette e le maniglie sono realizzate in bronzo e definite da un fine cesello che acquista forza con la spessa doratura lucidata nelle parti lisce. Lodovico Caumont Caimi, a cui bisogna far riferimento per lo studio di questi arredi, pubblica un gruppo di mobili evidentemente licenziati da una stessa bottega. Il primo è un bureau con alzata portaorologio; questo arredo presenta una forma simile al nostro, seppur meno articolata, ed è ugualmente rivestito in radica con le filettature in legno scuro trattenute da filetti in stagno, il decoro dei nastri dell’anta identici tra loro. Sempre uguale è il disegno dei nastri del fronte di un trumeau, che cambia sui fianchi poiché ancora una volta meno articolati di quelli del mobile in esame. La maniglieria trova corrispondenza su un altro mobile con questa tipologia di nastro, un cassettone. Purtroppo ad oggi non c’è dato di conoscere il nome dell’ebanista che realizzò questi mobili ma con certezza possiamo affermare che il trumeau in esame rientri in nella stessa produzione come uno degli esempi più riusciti, anche per l’originale soluzione architettonica della cimasa.
• Lodovico Caumont Caimi, L’ebanisteria genovese del settecento, ed. P.P.S. 1995
• Alvar Gonzalez-Palacios, Il mobile in Liguria, ed. Sagep, Genova 1996
• Giuseppe Morazzoni, Il mobile Genovese, ed. Luigi alfieri Milano, 1949
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