Mobile realizzato da Stefano Bini da un’opera di Enrico Baj del 1961.
Il mobiletto, un comodino con cassetti, ripropone fedelmente ma tridimensionalmente l’opera a collage (intarsio oggetti di stoffa su tavola) dal titolo omonimo, realizzata da Enrico Baj nel 1961.
Dimensioni: altezza 135 cm, larghezza 105 cm, profondità 55 cm
CODICE: ARARCO0206630
La predilezione per il collages di Enrico Baj inizia dagli anni ’50, quando si afferma una nuova tendenza alla produzione favolistico-grottesca e un inevitabile e conseguente polimaterismo; Baj inizia a sondare la tecnica del collage e le possibilità offerte dal Vinavil e da materiali quali stoffe, ovatte e vetri, che furono gli elementi dei primi collages destinati a mutare il corso della sua pittura.
Accumulando per decenni materiali di ogni tipo, che egli cercava nelle sue peregrinazioni a Porta Portese, a Portobello Road, e soprattutto al Mercatino
delle Pulci, Baj ha realizzato poi lavori di assemblages spesso improntati a surrealismo combinatorio, inconscio, ludico, dissacratorio.
Se in un primo momento Baj si era proposto di mostrare con il collage che le cose da noi viste sono altre cose, di svelare i molteplici significati della realtà insiti in ogni oggetto, realizzando con gli scarti delle composizioni insolite e dal significato altro dal materiale usato, quando cominciò ad interessarsi ai mobili, dopo una iniziale visione grottesca degli stessi, tornò a vederli e pensarli solo come mobili, collocati nella loro realtà, riconoscendo che non possono essere nient’altro di quello che sono, a dispetto di ogni aspetto esteriore grottesco o fantastico che egli poteva dare loro.
“I mobili di Baj non ci riflettono, non sono metafore, simboli e nemmeno idee. Sono mobili. Liberi, eternamente alieni, senza niente dentro. Pura esteriorità” [da “ I mobili di Enrico Baj, di Octavio Paz, Parigi Ottobre 1961 ,in Baj “Mobili e boiseries” 1960-1962 – Milano 1989]
E’ partendo da questo concetto che Stefano Bini, – l’ architetto che creò la griffe di Pierre Cardin negli anni ’70 progettando tutti i negozi e le strutture del marchio nel mondo fino agli anni ’80, e che collaborò spesso con Enrico Baj -, volle ridare vita concreta ai Mobili animati, realizzando, su autorizzazione dello stesso artista, una serie di otto esemplari, fedeli riproduzioni tridimensionali delle opere del maestro.
L’ autenticità dell’opera è avallata dalla Fondazione Marconi (il certificato originale è purtroppo andato disperso), che ne conferma l’appartenenza alla serie di otto esemplari.
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