Il viaggio, vocazione dell’animo umano da millenni. I cammini, le esplorazioni, le migrazioni hanno spinto l’uomo a indagare nuovi mondi e regioni, fin dagli albori della civiltà. Se in origine questi spostamenti erano dettati dalle necessità primarie, ricerche di territori più fertili e luoghi più accoglienti, con il passare dei secoli le motivazioni dei viaggi andarono modificandosi.

Il viaggio, nelle civiltà sedentarie antiche, iniziò a diventare fondamentale per il sostentamento delle stesse. Le alte cariche dovevano intrattenere rapporti con i vicini, recarsi presso le corti straniere. Ma è il commercio a diventare il motore principale degli spostamenti, già all’epoca del celebre Marco Polo, i cui viaggi nell’Estremo Oriente sono raccontati nel Milione, e ancora successivamente, nella grande stagione delle nuove scoperte sul volgere del Quattrocento.

L’attracco nelle Americhe di Cristoforo Colombo, la rivelazione di un nuovo ed esotico modo diede avvio a una vera e propria esplosione del viaggio per cercare nuove terre, popolazioni e risorse.

Solamente in epoca più recente il viaggio iniziò a modificare la sua valenza, o meglio a diffondersi sempre più anche ad altre sfere sociali. Già nel XVIII secolo, infatti, iniziarono a diffondersi sempre più i viaggi di formazione, i Grand Tour. Giovani aristocratici, ma successivamente anche alto-borghesi, si concedono mesi e addirittura anni per girare l’Europa, alla scoperta delle antiche civiltà.

I viaggiatori ancora, così come nel secolo successivo e ancora almeno fino all’inizio del Novecento, erano altolocati e avevano la necessità di portarsi appresso una gran quantità di abiti e accessori, stipati in cassapanche o pesanti bauli che venivano trasportati non senza poco sforzo dagli addetti.

In Francia, nel Settecento iniziano ad affermarsi le figure dei layetier, ebanisti e intagliatori. Il loro lavoro riguardava tanto la realizzazione di questi contenitori, quanto l’arte di imballare, di saper piegare i vestiti. Proprio con questa mansione si avviò la carriera di Pierre-François Martin, quando nel 1792 fondò la sua maison, acquisendo sempre più fama, fino a guadagnarsi il prestigioso titolo di fornitore ufficiale di Sua Altezza Reale Maria Carolina di Borbone, Principessa delle Due Sicilie e Duchessa di Berry. Martin, senza eredi diretti, lasciò la sua attività alla sua pupilla e al marito Morel, che a loro volta trasmisero il loro sapere a François Goyard. È questo il nome definitivo di quella che nacque come una piccola bottega, e che ancora oggi si contraddistingue come una delle principali aziende di bauli di lusso a livello internazionale.

Nella seconda metà dell’Ottocento si affermano infatti le grandi maison, prevalentemente parigine, specializzate nella realizzazione dei bauli da viaggio. Queste case producono appositamente bauli, dalle dimensioni differenti per trasportare tutto il necessaire del viaggiatore. Finiture di altissima qualità e grande attenzione anche alla tela che li ricopre.

Fu proprio Goyard, nel 1892, la prima a proporre bauli che presentassero un marchio che trae ispirazione dal nome degli stessi proprietari. Quella che fu battezzata Goyardine, infatti, presenta il caratteristico motivo che ripropone modularmente la Y (la lettera centrale nel cognome), sviluppata in modo da richiamare dei tronchi galleggianti, effetto espressamente voluto da Edmond Goyard, in ricordo del lavoro di trasportatori di tronchi svolto dai suoi antenati.

Tra le tele monogram più celebri, vi è certamente quella iconica proposta da Louis Vuitton. Creata nel 1896 da Georges Vuitton, figlio di Louis. In questo caso sono le iniziali a diventare monogramma, sia per legare indissolubilmente il prodotto al nome del creatore, ma anche per rendere più difficile la diffusione di imitazioni e falsi. Motivazione alquanto particolare, se si considera che le borse LV sono, a oggi, gli articoli tra i più falsificati nel mondo.

Queste Maison fanno della ricercatezza e del lusso i loro cavalli di battaglia, la creazione di prodotti esclusivi che soddisfino le esigenze degli acquirenti. La grande fortuna di Louis Vuitton fu proprio la capacità di personalizzare ad hoc il prodotto, a partire dall’esterno, con l’iscrizione delle iniziali del committente, nonché simboli che ne evidenziano la posizione sociale: le corone dipinte, ad esempio, testimoniano la proprietà di un esponente reale. Ma anche l’interno viene appositamente progettato e realizzato per le esigenze più disparate e particolari.

Bauli destinati al trasporto di cappelli, di scarpe, bauli armadio e ancora bauli per scrittori, con un apposito piano scrittoio apribile come una ribalta. Dei veri e propri gusci che, una volta schiusi, lasciano intravedere scorci di vite, con le loro abitudini. Uno degli aneddoti più curiosi è certamente la riscoperta di un manoscritto inedito di Ernest Hemingway, scovato casualmente all’interno di un cassetto di un baule Vuitton.

Attenti osservatori delle richieste e delle tendenze, queste Maison sono esse stesse trainanti dei costumi della società, ponendosi come capisaldi nella moda, tanto in passato, quanto adesso.

Se in origine i buli da loro licenziati erano funzionali, sempre prodotti esclusivi, ma usati effettivamente per il trasporto di capi d’abbigliamento nei viaggi, oggi il loro utilizzo si è, per la maggior parte dei casi, trasformato. Oggetti da collezione, spesso impiegati come arredamento che, anche se non viaggiano più fisicamente, sono in grado di condurre glia amatori attraverso i luoghi che hanno visitato e le storie che hanno vissuto.