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Lampadario, attribuibile alla bottega di Francesco Morini (1822-1899). Firenze, 1860 ca.

Descrizione:

Lampadario in metallo e legno intagliato e dorato. Il corpo centrale, scolpito a motivi floreali e fogliacei, è ornato nella parte inferiore con quattro teste leonine, alternate ad altrettanti bracci intagliati con volute fogliacee arricciate e terminanti con busti di sirene alate; da ciascuna di queste si dipartono ulteriori cinque bracci mossi con bobeche a corolla floreale.
Elettrificato successivamente.

Dimensioni: h. 97 cm, diam. 170 cm

Codice: ANILLA0077894

Analisi storico stilistica:

Francesco Morini fu attivo con la sua bottega fiorentina già dal 1848 e fino alla morte nel 1899. Uno dei più importanti e prolifici intagliatori della città nella seconda metà del XIX secolo, fu chiamato assieme al maestro Ranieri Bardi dalla guardaroba di Corte, per realizzare alcuni degli arredi da destinarsi alla Sala Celeste nel Quartiere delle Stoffe a Palazzo Pitti. In particolare a lui spetta la lumiera “dei tritoni”, un grande e scenografico lampadario che all’epoca riscosse un notevole successo, tanto che pochi anni più tardi gliene venne incaricato un altro ancora più imponente con i suoi 120 lumi, questa volta su committenza della baronessa Fiorella Favard de l’Anglande. La nobildonna aveva infatti affidato al celebre architetto Giuseppe Poggi il rifacimento del suo palazzo sul Lungarno, coinvolgendo alcune delle più importanti manifatture per la decorazione degli ambienti. Morini fu probabilmente incaricato della realizzazione degli arredi della Sala da Ballo, incluso il già citato lampadario che ancora oggi si trova in loco e otto applique purtroppo disperse (i mobili furono venduti all’asta già a fine secolo).
L’analisi di questi complementi mostra pienamente lo stile del nostro intagliatore, ossia una ripresa di stilemi rinascimentali alla maniera delle grottesche che vengono però rielaborati con poderosi intagli e dorature in piena linea con il Neobarocco di gusto eclettico caratteristico dell’epoca.
Per motivi stilistici e l’alta qualità e raffinatezza dell’intaglio, il nostro lampadario è attribuibile alla bottega di Francesco Morini. La forma e le dimensioni suggeriscono in origine fosse un lampadario più groande successivamente ridotto nelle dimensioni.

Francesco Morini fu attivo con la sua bottega fiorentina già dal 1848 e fino alla morte nel 1899. Uno dei più importanti e prolifici intagliatori della città nella seconda metà del XIX secolo, fu chiamato assieme al maestro Ranieri Bardi dalla guardaroba di Corte, per realizzare alcuni degli arredi da destinarsi alla Sala Celeste nel Quartiere delle Stoffe a Palazzo Pitti. In particolare a lui spetta la lumiera “dei tritoni”, un grande e scenografico lampadario che all’epoca riscosse un notevole successo, tanto che pochi anni più tardi gliene venne incaricato un altro ancora più imponente con i suoi 120 lumi, questa volta su committenza della baronessa Fiorella Favard de l’Anglande. La nobildonna aveva infatti affidato al celebre architetto Giuseppe Poggi il rifacimento del suo palazzo sul Lungarno, coinvolgendo alcune delle più importanti manifatture per la decorazione degli ambienti. Morini fu probabilmente incaricato della realizzazione degli arredi della Sala da Ballo, incluso il già citato lampadario che ancora oggi si trova in loco e otto applique purtroppo disperse (i mobili furono venduti all’asta già a fine secolo).
L’analisi di questi complementi mostra pienamente lo stile del nostro intagliatore, ossia una ripresa di stilemi rinascimentali alla maniera delle grottesche che vengono però rielaborati con poderosi intagli e dorature in piena linea con il Neobarocco di gusto eclettico caratteristico dell’epoca.
Per motivi stilistici e l’alta qualità e raffinatezza dell’intaglio, il nostro lampadario è attribuibile alla bottega di Francesco Morini. La forma e le dimensioni suggeriscono in origine fosse un lampadario più grande successivamente ridotto nelle dimensioni.

Bibliografia di confronto:

Simone Chiarugi, Botteghe di Mobilieri in Toscana. 1780-1900, S.P.E.S., Firenze, 1994.

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