Faldistorio in ferro battuto, sostegni di forma semicircolare a X richiudibili, terminanti in alto con finali in bronzo tornito con rocchetti più piccoli e un terminale a sfera, finemente cesellata, in cui è presente uno stemma vescovile con due cornucopie centrali, identificabile con lo stemma del cardinal Bibbiena. Tondini in ferro battuto rinforzano e collegano le due X, le traverse superiori sono ricoperte da bronzi torniti e incisi a foglie con una lavorazione a bulino. Le superfici in ferro sono interamente punzonate con una decorazione a forma di stelletta a otto punte.
Una tesa stoffa di canapa non coeva regge il cuscino in velluto rosso con ricamo e frange dorate, non coevo.
Dimensioni: 96 x 67 x 55 cm
Il faldistorio è una sedia di tipo curule, diffusasi almeno dall’XI secolo e molto utilizzata da vescovi soprattutto in cerimonie pubbliche. Lo stemma araldico cesellato sui pomoli conferma l’utilizzo ecclesiastico, vi è infatti presente la riduzione del cappello cardinalizio, nel quale sono contenute due sfere e due cornucopie, ed è pertanto riconducibile allo stemma del Cardinal Bibbiena.
Esempi noti sono uno stemma realizzato da Luca della Robbia il giovane per il Cardinal Bibbiena, l’anta realizzata con lo stemma a intarsio della bottega di Baccio d’Angiolo, così come lo stemma del palazzo di proprietà del Cardinale.
Altro elemento utile a datare l’oggetto, oltre alla committenza, è il tipo di lavorazione del ferro. La struttura in ferro battuto è infatti punzonata su tutta la superficie con dei decori a piccoli rosoni, stelle che si ripetono, decoro che troviamo documentato sui ferri da cialda prodotti in quegli anni.
Nato da una delle più importanti famiglie del Casentino, nell’aretino, Bernardo Dovizi fu mandato da giovanissimo a Firenze, a seguito del fratello maggiore Piero, al servizio dei Medici. La sua formazione avvenne probabilmente nell’ambito della corte medicea, presso la quale fu ufficialmente attivo a partire dal 1488. In questo anno fu infatti inviato a Roma per accompagnare Piero de Medici a conoscere la promessa sposa Alfonsina Orsini, ma anche per rafforzare i rapporti di amicizia e commerciali con papa Innocenzo VIII. Da questo momento in poi divenne cancelliere e diplomatico per la nobile famiglia fiorentina, spostandosi tra le più importanti corti italiane e tornando a Roma nel 1492, per rinsaldare i legami con il nuovo pontefice Alessandro VI Borgia.
Con la discesa in Italia delle truppe francesi guidate da Carlo VIII, seguì Piero de Medici, oramai succeduto al padre, nell’esilio si legò in particolare al cardinale Giovanni de’ Medici, futuro papa Leone X, accompagnandolo nell’esilio alla corte urbinate di Guidobaldo da Montefeltro. Qui entrò in contatto con molti tra i più importanti artisti e letterati dell’epoca, tra i quali certamente è da ricordare Baldassarre Castiglione, che lo fece figurare tra gli interlocutori principali de Il Cortegiano.
Una volta eletto il Medici alla soglia pontificia, il Bibbiena lo seguì a Roma, venendo a sua volta investito della porpora cardinalizia nel concistoro del 23 settembre 1513. Quale diretto collaboratore di Leone X, gli furono affidate la corrispondenza papale e diverse e delicate missioni diplomatiche.
Morì a Roma, di rientro da Parigi, forse avvelenato, nel 1520.
– Carlo Enrico Rava, La sedia, ed. Gorlich, Milano 1964;
– Augusto Pedrini, Il ferro battuto sbalzato e cesellato in Italia, ed. Società editrice torinese, 1951.
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