Luigi Caccia Dominioni, dai palazzi alle maniglie.
«Io sono un piantista: nel senso che sulla pianta ci sono, ci muoio, sia che si tratti di un palazzo per uffici che di un appartamento di sessanta metri quadri… Sono architetto sino in fondo e trovo l’urbanistica ovunque… In realtà l’appartamento è una microcittà, con i suoi percorsi, i suoi vincoli, gli spazi sociali e quelli privati. Mi sono sempre appassionato agli spazi piccoli e ho sempre dato l’anima per farli sembrare più grandi, ad esempio allungando i percorsi, contrariamente a una certa tendenza che tende a ridurli.
L’ingresso diretto in soggiorno non lo amo perché non riserva sorprese, mentre il compito dell’architetto, io credo è anche quello di suscitare un succedersi di emozioni… I miei ingressi, le mie scale, persino i mobili sono soluzioni urbanistiche».
La celebre citazione di Luigi Caccia Dominioni (Milano 1913-2016) esplica la filosofia alla base delle sue progettazioni, dai quartieri residenziali alle architetture, dagli arredi alle singole maniglie.
Questa idea è alla base anche del concept creativo di Azucena, azienda protagonista del design italiano nella seconda metà del Novecento. Fondata nel 1947 da un nutrito gruppo di giovani architetti, tra i quali lo stesso Caccia Dominioni (assieme a Corrado Corradi dell’Acqua, Ignazio Gardella e le sorelle Maria Teresa e Franca Tosi), alla base vi è la volontà di creare prodotti che trovassero piena collocazione negli spazi da loro stessi progettati: la produzione è imprescindibilmente legata a una conoscenza diretta delle qualità tecniche e visive dell’arredo. La forma dell’oggetto non è vincolata a considerazioni commerciali, quanto piuttosto alla resa estetica e alla sua funzionalità all’interno degli ambienti.
Per Luigi Caccia Dominioni questo concetto si traduce in una sorta di razionalismo: gli articoli da lui disegnati per Azucena sono caratterizzati da linee semplici ma armoniche, che ben si collocano in una dimensione domestica quanto in un ufficio.
Uno degli esempi più calzanti è costituito dalle poltrone e dal divano “Toro”. Ideati per le sale del Club House di Monticello, il nome è dovuto alla struttura metallica che funge da scheletro e che fuoriesce dall’imbottitura, facendola apparire come le corna di un toro.
Un arredo che “può essere preso per le corna”, consentendone la movimentazione in modo agevole e che, anche grazie alla rifinitura che ne permette la godibilità da tutti i lati, dona facoltà agli ospiti del club di disporle libermente anche al centro del locale, in base alle diverse esigenze. Se la progettazione di queste sedute è del 1973, la loro produzione prosegue anche negli anni successivi, diventando arredi iconici apprezzati anche dai privati per le loro abitazioni.
Una delle grandi intuizioni di Azucena e dei suoi fondatori è quella di non modificare i prodotti per rispondere a esigenze produttive o di mercato, ma di mantenerli identici, anche nella produzione ancora in essere. La grande qualità dei suoi articoli è inoltre garantita dall’affidabile rete di artigiani e manifatture dei quali si avvale per la realizzazione.
Come già si è accennato, per Luigi Caccia Dominioni questo ideale trova pieno riscontro anche nella progettazione delle architetture che inevitabilmente devono confrontarsi e dialogare con gli spazi urbani nei quali sono collocate. Il rigore espressivo che ne caratterizza l’ideazione non va, però, mai a discapito dell’estetica, in grado di coniugare necessità costruttive e funzionali con l’eleganza e la raffinatezza del risultato finale. Basti ricordare l’intervento edilizio di Piazza Carbonari a Milano, all’inizio degli anni Sessanta: un palazzo a uso residenziale caratterizzato da una copertura irregolare, per adeguarsi al Piano Regolatore Generale che prevedeva diverse altezze massime a seconda della strada sulla quale si affacciava. Del tutto particolare anche la disposizione delle finestre che si aprono sui lati rivestiti in piastrelle di litoceramica firmate Piccinelli: le aperture sono di diverse dimensioni e talvolta “svoltano” sull’angolo perimetrale. La scelta è quella di non seguire una disposizione simmetrica, quanto piuttosto assecondare le differenti necessità di illuminazione degli ambienti interni. Il risultato finale è quello di un edificio disciplinato ma non rigido, elegante ma non pretenzioso, attento alle esigenze del vivere quotidiano.
Queste peculiarità di Caccia Dominioni sono frutto di una particolare e personale sensibilità estetica, certamente coltivata e incentivata dai suoi maestri e dalle sue frequentazioni. Si forma infatti presso la facoltà di Architettura al Regio Istituto Tecnico Superiore (poi Politecnico di Milano), dove segue le lezioni di Luigi Moretti e Piero Portaluppi, ed entra in contatto con personalità del calibro di Livio e Pier Giacomo Castiglioni (con i quali nel ’37 aprì uno studio professionale), Giannino Bernasconi e i futuri fondatori del celebre BBPR.
D’altronde queste sono le qualità di Luigi Caccia Dominioni, tanto apprezzate nell’architettura urbana e per le quali viene ricercato dalla borghesia colta della città meneghina, rendendolo un nome che è indissolubilmente legato a Milano e alla sua storia.