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Gruppo di quattro applique. Artigiani milanesi, 1780 ca

Descrizione:

Gruppo di quattro applique a due luci in rame cesellato, sbalzato e dorato, bobeche in bronzo dorato.

Dimensioni: 40 x 35 x 20 cm

CODICE: ANILLA0220491

Analisi storico stilistica:

Nella tavola VIII del volume di Giocondo Albertolli Alcune decorazioni di nobili sale, stampato a Milano nel 1787, è proposto l’allestimento della parete di uno dei saloni di rappresentanza del “R. Palazzo di Corte in Milano”. È presentato un camino sormontato da un’imponente caminiera, sui lati della quale vi è una coppia di applique, meglio dettagliata nel foglio successivo, dove si trova una “girandole eseguita in bronzo, per la caminiera della tavola precedente”. 

Se fino a pochi anni fa si conoscevano solamente le repliche in villa Melzi a Bellagio, risalenti agli inizi del XX secolo, recentemente è apparsa sul mercato una coppia proveniente proprio da Palazzo Arciducale. Proposte da Sotheby’s nel settembre 2012, presentano un antico numero d’inventario; sono in bronzo dorato, come è infatti specificato nella descrizione sull’album, e furono commissionate a manifatture romane. Riscontro della loro provenienza capitolina ci è fornito da una tavola ante litteram nella quale, accanto all’indicazione del materiale, si trova una nota autografa di Albertolli, con l’indicazione “in bronzo da eseguirsi in Roma”. Questo episodio fotografa la situazione della Milano di quegli anni, città nella quale per ottenere manufatti bronzei di buon livello era necessario rivolgersi a Roma. La città medeghina era infatti priva di una fabbrica organizzata, in grado di licenziare i bronzi ornamentali richiesti dalla corte (avverrà solamente nel 1806, con il sostegno napoleonico alla fabbrica guidata dai fratelli Manfredini). 

Se dunque per gli ambienti principali di rappresentanza del palazzo furono realizzati questi complementi interamente in bronzo, una scelta diversa e certamente più economica avvenne per gli alloggi privati e altri ambienti di palazzo. Sempre sotto la direzione artistica di Giocondo Albertolli, per questi complementi egli si avvalse delle botteghe medeghine di fabbri e ottonari. Come testimoniato nel libro dei conti dello stesso Albertolli (Lugano, Archivio Storico, Libro dei Conti, Teatro, Miniature, Commissioni), l’architetto lavorò infatti con Giuseppe Arbuschi e il socio Frigerio, sbalzatori e cesellatori di rame e argento, i quali realizzarono su suoi disegni alcuni candelieri in metallo sbalzato e dorato. Nelle stesse carte è nominato anche Giovanni Battista Moltani, pure lui sbalzatore, tra l’altro ricordato nell’esposizione dedicata alle produzioni artistiche del Paese presso il palazzo di Brera in occasione dell’incoronazione di Napoleone Re d’Italia, presente tra le altre cose proprio con “due girandò”. Ulteriore riprova di queste fortunate collaborazioni è fornita dalle carte dell’archivio del conte Greppi, il quale per il suo palazzo di via Sant’Antonio chiese i modelli alla celebre bottega romana di Valadier, che nel 1777 mandò un disegno con quattro girandole, tutt’ora conservato (o forse una copia commissionata da Greppi ad Agostino Gerli) presso l’archivio diocesano di Milano. 

Da questo prototipo trasse ispirazione Albertolli per le applique a decorazione dei trumeau, facendole poi realizzare da alcuni fabbri e ottonari milanesi, come Bartolomeo Comino, Paolo Viganò e Carlo Domenico Franzino. Del resto anche la girandole proposta nella tavola XIX del volume Ornamenti diversi, presenta la didascalia della sua collocazione presso la Real Corte di Milano, non specificandone però il materiale col quale debba essere realizzata. Plausibile dunque che questa, assieme ad altri esemplari, potesse essere stata eseguita non soltanto in bronzo dorato, ma anche in rame cesellato, sbalzato e dorato. A tal proposito, ben nota alla bibliografia è una coppia di applique appartenente alle Civiche Raccolte d’Arte applicata milanesi (Inv. Bronzi 32, 33), derivata da questa idea albertolliana in particolare per i bracci ritorti, alla cui realizzazione concorsero differenti artigiani milanesi (fabbri, sbalzatori e fonditori), in grado di unire diversi saperi nella realizzazione di un elegante e raffinato manufatto. 

Numerosi punti di incontro sono riscontrabili tra il nostro set e altre coppie passate sul mercato antiquariale, tanto nel modello dal quale prendono spunto, quanto nella tecnica di realizzazione. È possibile inserire la nostra serie di applique all’interno di una produzione milanese oggi ben nota, risalente all’ultimo quarto del XVIII secolo e derivata proprio dai disegni albertolliani, la cui realizzazione fu commissionata ai diversi artigiani della città. 

Se sono noti alcuni esemplari proposti in coppia, certamente un unicum è costituito dal nostro gruppo omogeneo composto da quattro esemplari. Queste applique, come suggerisce l’innesto con vite a mano che ne consentiva l’ancoraggio, fungevano da complemento per una coppia di trumeau, affrontati o collocati in linea sulla parete di un unico ambiente.

Bibliografia di confronto:

  • Giuseppe Beretti, Alberto Cottino, Benedetta Gallizia di Vergano, Luca Melegati (a cura
    di), Gli splendori del bronzo. Mobili ed oggetti d’arredo tra Francia e Italia. 1750/1850,
    Fondazione Accorsi, Torino, 2002;
  • Giuseppe Beretti, Il mobile dei Lumi. Milano nell’età di Giuseppe Maggiolini. Volume I
    (1758-1778), inlimine, Milano, 2010.
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