Coppia di formelle a commesso fiorentino. Firenze, prima metà XVII secolo.

Descrizione:

Coppia di formelle in commesso di pietre dure e marmi rari su fondo di paragone nero. Su una mensola di marmo grigio poggiano due vasi medicei biansati, di simile forma, in cui sono inserite due composizioni floreali di specie diverse. I due quadri a commesso sono inseriti in una cornice in bronzo dorato della fine del XIX secolo.

Dimensioni formelle (HxL): 15×10,5 cm; Dimensioni cornice (HxLxP): 17 x 12,5 x 2 cm.

CODICE: OGANOG0280030

Analisi Storico Stilistica:

Il commesso fiorentino nasce nella seconda metà del Cinquecento, in seguito al recupero umanistico della tecnica romana dell’opus sectile, procedimento artistico che utilizzava marmi tagliati per realizzare pavimentazioni e decorazioni murarie a intarsio. La tecnica del commesso, caratterizzata dall’impiego di marmi colorati e pietre dure, vede a Firenze una predilezione per le seconde, le quali vengono utilizzate per realizzare bellissime composizioni di soggetti naturalistici con fiori, animali e frutti, ma anche vedute cittadine o copie di celebri dipinti, sapientemente accostate in modo tale da ottenere risultati molto vicini alla pittura. A differenza di Roma, dove questa tecnica troverà applicazione quasi esclusivamente come rivestimento architettonico, nel capoluogo toscano il commesso venne adoperato nell’ambito sia dell’arredo liturgico (paliotti), sia dell’arredo pubblico e privato di lusso, tra cui ricordiamo ad esempio la realizzazione di piani di tavolo, stipi e quadri. Con l’obiettivo di creare oggetti artistici di assoluto valore, destinati ad arredare le dimore granducali o ad essere offerti in dono, nel 1588 Ferdinando I de’ Medici istituisce a Firenze l’Opificio delle pietre dure, riunendo in un’unica manifattura gli artigiani del settore attivi presso la corte. Tale istituzione, operante tutt’oggi in materia di restauro, continuò la sua attività anche sotto la dinastia dei Lorena, impegnandosi per oltre tre secoli, fino alla fine del XIX secolo, nella decorazione della Cappella dei Principi in San Lorenzo, mantenendo la tecnica esecutiva sostanzialmente invariata.

È proprio all’interno di questo contesto culturale e filone produttivo che le due formelle in esame vedono la luce, nate nella prima metà del Seicento potevano essere destinate ad abbellire le antine di uno stipo o di un tabernacolo.

A tal riguardo è interessante il confronto col tabernacolo conservato a Madrid al Palacio Real e pubblicato da Gonzalez-Placios. La formella dell’antina presenta un vaso del tutto simile a uno dei due qui studiati, si differenzia per la mensola in arancio e la composizione di fiori. Il tabernacolo fu realizzato a Napoli dall’argentiere Menico Montini nel 1619, non ci è dato sapere il nome del lapicida, molto probabilmente le formelle furono fatte arrivare da Firenze.

Soggetti simili si riscontrano anche nelle ante di diversi stipi come quello conservato in Villa La Petraia a Firenze e in quello del castello di Rosenborg a Copenaghen.

Bibliografia:

  • González-Palacios A., Pittura per l’eternità. Le collezioni reali spagnole di mosaici e pietre dure, Longanesi & C., Milano, 2003, p. 203-204.
  • Giusti A.M., Pietre Dure. L’arte europea del mosaico negli arredi e nelle decorazioni dal 1500 al 1800, Collana Archivi di Arti decorative, Umberto Allemandi & C., Torino, 1992, pp. 61,178,192, 202.
  • Alvar González-Palacios, Il Tempio del Gusto, La Toscana e l’Italia Settentrionale, ed. Longanesi 1986, p. 39 ,97
  • Giusti A.M., Splendori di pietre dure. L’arte di Corte nella Firenze dei Granduchi, Giunti Editore, Firenze, 1988, p. 149.
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