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Coppia di credenze. Manifattura lucchese, secondo decennio del XIX secolo

Descrizione:

Coppia di credenze lastronate in piuma di mogano, poggianti su piedini dei quali quelli anteriori a plinto circolare, a sorreggere i montanti dalla forma di fascio littorio, terminanti in capitello fogliaceo. Sul fronte è presente una coppia di ante a nascondere tre cassetti, anch’essi impiallacciati in piuma di mogano; due ulteriori cassetti sono celati nella fascia inferiore e in quella sottopiano.
Il punto di incontro tra le due ante è decorato con un intaglio fitomorfo simmetrico; intagli floreali e ad antemio ornano anche la fascia sottopiano, sia sul fronte che sui fianchi. Il piano in marmo bianco di Carrara segue la sagomatura del mobile, gli interni sono in castagno e pioppo.

Dimensioni: 102 x 140,5 x 69 cm

CODICE: ANMOCR0099231

Analisi storico-artistica:

Se fino al 1799 Lucca aveva potuto vantare lo status di repubblica indipendente, quello stesso anno vi fu la sua caduta e conseguente assoggettazione ai francesi. Nel 1805, dietro esplicita richiesta del senato della città, fu sancito il Principato di Lucca e Piombino, la cui direzione fu affidata direttamente da Napoleone Bonaparte a Felice Baciocchi, generale corso che pochi anni prima ne aveva sposato la sorella minore Elisa. La stessa ottenne il titolo onorifico di Granduchessa di Toscana e, di fatto, fu proprio lei a governare i territori diretti dal marito.
Naturalmente l’influenza dei regnanti francesi si ripercosse anche sulle scelte artistiche, richiamando maestranze direttamente da Parigi e commissionando alle botteghe locali opere e arredi che si rifacessero al gusto transalpino. Contrariamente al profondo cambiamento politico avviato nel periodo della restaurazione, che con il Congresso di Vienna aveva voluto ripristinare la situazione prerivoluzionaria, la moda degli arredi francesi sulla scia di quello che era stato lo stile impero proseguì anche negli anni successivi. Questa modalità si ritrovò anche nella stessa Lucca, dove venne istituita Maria Luisa di Borbone, la quale nei lavori di riammodernamento del Palazzo Ducale, diretti dall’architetto Lorenzo Nottolini, fece realizzare degli arredi fedeli a questo gusto.
È questo il caso della nostra coppia di credenze, dichiaratamente francese nel gusto architettonico e ornamentale, ma più nostrana nella scelta dei materiali impiegati. Mentre il mogano usato per l’impiallacciatura era una delle essenze predilette in Francia, un discorso differente deve essere fatto per i legni usati nella realizzazione della struttura. Questa non è infatti in rovere, più diffuso nei mobili di produzione francese, ma in castagno, essenza nostrana largamente impiegata nella realizzazione della parte strutturale degli arredi del centro Italia. Discorso analogo per il pioppo che si ritrova nella costruzione dei fianchi dello scafo delle nostre commode, anch’esso di frequente utilizzo nel mobilio toscano.
Come si accennava precedentemente, anche gli intagli fitomorfi e l’impostazione architettonica rimandano al gusto francese: i piedi anteriori a plinto circolare, il cassetto nella fascia inferiore così come le due ante che celano la cassettiera interna, sono modalità esecutive all’epoca ampiamente diffuse in Francia. Anche l’idea dei montanti alla foggia di fasci littori deriva da questa tipologia di gusto, con diversi esempi in numerosi arredi.
Tra i confronti più calzanti nel nostro caso ci sono alcuni degli arredi firmati Jean-Jacques Werner, ebanista svizzero ma attivo a Parigi: la commmode che proviene dall’appartamento del Governatore agli Invalides e oggi presso il Musée des Artes Décoratifs, oppure la commode-secrétaire del Grand Trianon databile 1819. La prima è infatti caratterizzata dai montanti a foggia di fasci littori, mentre la seconda presenta racemi fitomorfi sulle ante frontali, rendendo possibili interessanti confronti seppure quelli del mobile di Versailles, così come il resto della decorazione, siano in bronzo dorato e non in legno intagliato come nel nostro caso. Quest’ultima particolarità dei mobili in esame consente ulteriormente di avvicinarne la produzione a una manifattura di ambito italiano, dove la reperibilità di bronzi di fattura raffinata era certamente più difficoltosa, se non importandoli direttamente dalla Francia; di contro l’alta qualità dell’ebanisteria ci rimanda ad artisti sapienti che intrattengono con il paese transalpino uno stretto rapporto, se non addirittura la provenienza stessa. Non è un caso, forse, che nella Lucca di quegli anni la principale bottega attiva per la Baciocchi prima e per la Borbone poi fu quella dei fratelli Youf, nella cui produzione si ritrovano caratteristiche simili a quelle sopra esposte per la coppia di credenze: essi dichiarano, infatti, il loro essere ebanisti francesi nel gusto e nella struttura degli arredi, dimostrandosi però aperti a influenze italiane nell’uso dei materiali.

Bibliografia:

Christian Baulez, Denise Ledoux-Lebard, I quaderni dell’antiquariato. Il mobile francese dal Luigi XVI all’Art Déco, Gruppo Editoriale Fabbri, 1981;
Alvar Gonzalez-Palacios, Il tempio del gusto, ed. Longanesi 1986;
Simone Chiarugi, Botteghe di Mobilieri in Toscana, ed. S.P.E.S. 1994;
Enrico Colle, Il mobile impero in Italia, ed. Electa, 2005.

Antiquariato, Arte e Design

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