Coperta decorativa in cotone, interamente ricamata con seta di Tussar, dal naturale colore tendente al giallo. La decorazione a ricamo è realizzata come un vero e proprio horror vacui. Vi sono diverse bordure ornate con motivi fitomorfi e floreali tra i quali si stanno svolgendo scene di caccia e di lotta, con cavalieri, guerrieri, animali reali e fantastici. Nella seconda bordura, negli angoli e lungo le linee mediane, vi sono otto riserve circolari all’interno delle quali si trovano diverse figure di dame e cavalieri, in alcuni casi intenti a cacciare o a banchettare; anche al centro della coperta è raffigurato un banchetto tra una dama e un cavaliere. In particolare una di queste scene è identificabile con il Giudizio di Salomone, grazie all’iconografia e all’iscrizione nel cartiglio sovrastante (“SEMS SALMO”).
Il riconoscimento del protagonista in questo personaggio biblico ci consente di ricondurre tutte le scene alla narrazione alla sua vita e, in particolare, all’incontro con la Regina di Saba, la quale appare a figura intera e coronata in uno dei già citati medaglioni. All’interno della riserva principale, i quattro angoli sono delimitati dai corpi di una coppia di serpenti con le code avviluppate. Negli angoli così formati si trovano quattro scene, tutte accompagnate da scritte. Certamente utile è quella che consente di identificare il Giudizio di Paride (“PALAS/IVNVS/VENVS/PAПES”): il giovane sta porgendo la mela a Venere, dietro la quale si trovano le sue antagoniste, Atena e Giunone.
Un’altra scena è identificabile con l’episodio mitologico di Atteone (“AMTEAM”), dove il giovane cacciatore in sella al suo cavallo, si sta già tramutando in cervo, reo di essersi imbattuto in Diana intenta a fare il bagno con le sue ancelle. Altro mito raffigurato è quello di Leandro ed Ero: se più difficile e anche meno nota è l’iconografia, fondamentale è l’iscrizione “LEANDAO/HERO/TIAO”. L’ultima riserva reca invece un’iscrizione assai ostica nella lettura (“IVDIC”) e difficile nell’iconografia, ma che potrebbe essere sciolta nella rappresentazione allegorica della giustizia. Sul retro della coperta sono presenti due timbri a inchiostro marrone scuro. Due differenti monogrammi, uno iscritto in un circolo e l’altro in un quadrato.
Dimensioni: 325 x 260 cm
CODICE: ANTCOR0000050
Fin dall’antichità i prodotti tessili indiani sono stati tra i principali beni di commercio esportati da questa terra: la produzione dei più grandi centri specializzati nella manifattura tessile, situati nel Bengala e nel Gujarat, era in grado di soddisfare le richieste dei mercati del sud-est asiatico, della Cina, dell’Impero Romano e, più tardi, anche nei nascenti stati islamici (Egitto, Africa dell’Est, Medio Oriente). Con l’arrivo dei portoghesi e più tardi dei tedeschi e degli inglesi, anche le ricche manifatture tessili vennero sfruttate, così che la produzione di queste ultime dovette adattarsi alle richieste del mercato europeo. La prima citazione di una colcha si ritrova nel Lendas da India di Gaspar Correia, nella quale la tipica coperta bengalese viene presentata all’interno di un corredo usato per un dono diplomatico, in considerazione del valore commerciale e artistico che questo prodotto aveva.
La documentazione successiva, quali lettere e resoconti di viaggio, testimoniano che i tessili prodotti in Bengala, chiamati per l’appunto colchas, iniziarono a far parte delle collezioni reali europee a partire dal tardo XVI secolo. Le colchas furono infatti tra le prime opere artistiche commissionate dagli europei e vendute nelle corti come novità e in virtù della preziosità del ricamo, spesso in seta o con una base in cotone. Se inizialmente la decorazione delle cholchas era caratterizzata dall’iconografia bengalese, con l’intervento dei portoghesi, ai quali spetta il merito di aver compreso la vera potenzialità di queste opere, anche il tema dei ricami variò con adattamenti che resero le colchas dei complementi molto richiesti nelle corti europee.
L’iconografia dei ricami si ampliò così con motivi provenienti sia dalla tradizione indiana che da quella europea, spesso con una fusione tra le due; in particolare vennero scelti episodi appartenenti alla cultura occidentale, come quelli appartenenti alla mitologia greco-romana (ad esempio la triade Atena, Giunone e Venere) o all’Antico Testamento, riletti e presentati attraverso il vocabolario artistico bengalese. Tra i noti acquirenti delle colcha bengalesi figura anche il Cardinale Ferdinando de’ Medici, Gran Duca di Toscana, che commissionò nel 1585 al suo corrispondente asiatico Filippo Sassetti l’acquisto di curiosità indiane, tra le quali figurano anche due coltri ricamate del Bengala (documentazione conservata presso l’Archivio di Stato di Firenze); non fu l’unica occasione per il Cardinale fiorentino, che incaricò anche il mercante Francesco Carletti di procurargli i prodotti della manifattura tessile indiana.
Una colcha del Bengala e un mantello, già appartenenti alle collezioni imperiali, sono oggi conservati presso il Kunsthistorisches Musem di Shloss Ambras, e probabilmente si tratta di quelli inviati nel 1594 da Madrid alla corte di Vienna. Questi manufatti esotici erano conservati all’interno delle Kunstkammer o nei Guardaroba, e mostrati solo in rare e particolari occasioni: difficilmente erano usati nella vita quotidiana, quanto più come dimostrazione dell’erudizione e del potere di chi li poteva vantare nelle proprie collezioni. Le colchas indiane sono un termine generico che racchiude diverse tipologie di tessili, quali coperte, tappeti, tovaglie e mantelli e che dunque poteva avere usi differenti.
Un esempio è dimostrato dall’Annunciazione di un anonimo artista del 1549, dipinto conservato presso il Museu Nacional de Arte Antiga di Lisbona, dove la Vergine è accomodata su un estrado, tipologia di colcha usata come un tappeto anche nella stessa corte lisbonese. A Firenze è attestato che numerose colchas erano conservate nei magazzini e nelle officine del Casino di San Marco, probabilmente come campionario tessile per gli artisti fiorentini che qui vi lavoravano. La nostra colcha si colloca plausibilmente nella produzione bengalese destinata all’esportazione, come testimoniano le scene sopra ricamate in seta di Tussar (dal colore naturalmente giallo, cresceva spontaneamente nei territori orientali dell’India. Coesistono infatti figure ed episodi mitologici (come sfingi e il Giudizio di Paride) con scene bibliche, tra le quali il Giudizio di Salomone.
Raramente si trovano manufatti così ben conservati quali il nostro, anche nell’ambito delle collezioni museali. La colcha qui descritta, infatti, presenta solamente un piccolo intervento sulla bordura ed è ancora ornata con due nappe in seta che decorano gli spigoli. Diversi altri musei vantano nelle loro collezioni delle opere simili alla coperta in esame. Tra queste, considerevoli sono quelle conservate presso il Museu Nacional de Arte Antiga di Lisbona (n. 3692, no 3413), il British Museum di Londra (n. 2000,1213,0.1), il Metropolitan Museum of Art di New York (1970.173, 1975.4 e 34.104.1), e Isabella Stewart Gardner Museum a Boston (T20e4).
– John Irwin, Indo-Portuguese Embroideries of Bengal, “Art and letters, Journal of the Royal India, Pakistan and Ceylon Society.”, vol. XXVI, n. 2, 1952, pp. 65-73;
– Maria José de Mendonca, Embroidered quilts from the Museu Nacional de Arte Antiga Lisboa, catalogo della mostra (Kensington Palace, London, 1978), n. 6, London, 1978;
– Barbara Karl, The Narrative Scheme of a Bengal Colcha Dating from the Early 17th Century Commissioned by the Portuguese, Lincoln, Nebraska, Textile Society of America Symposium Proceedings, 2006, pp. 438-448;
– Rosemary Crill, The earliest survivors? The Indian emroideries at Hardwick Hall, in Rosemary Crill, Textiles from India: the Global Trade, Calcutta, Seagull Books, 2006, pp. 245-260;
– Teresa Pacheico Pereira and Carmo Serrano, Indian emroideries for the Portuguese market, end of 16th century/beginning of 17th century, The Textile Collection of the Museu Nacional de Arte Antiga, Lisbon, 2007;
– Barbara Karl, “Marvellous Things are made with needles”. Bengal colchas in European inventories, c. 1580-1630, in “Journal of the History of Collections”, 8 Novembre 2010, pp. 1-13;
– Interwoven Globe, The Worldwide Textile Trade, 1500-1800, a cura di Amelia Peck, New York, Metropolitan Museum of Art, 2013
– Barbara Karl, Embroidered Histories. Indian Textiles for the Portuguese Market during the Sixteenth and Seventeenth Centuries, Wien, Köln Weimar, Böhlau Verlag, 2016.
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