Il fronte e il coperchio sono pirografati e ritagliati da un fondo ribassato e bulinato.
Il coperchio è fissato al corpo da cerniere in ferro acciaioso e lavorate con un elaborato motivo floreale, sono state ricollocate, in modo da montare il coperchio al contrario, ponendo all’esterno la faccia lavorata.
Il coperchio presenta una fitta decorazione a grottesche a horror vacui, caratterizzata da una fascia perimetrale decorata con girali fitomorfe e motivi fogliacei, riproposti anche nella fascia più interna, assieme ad animali reali come leoni e mitologici, come sirene.
Nella fascia centrale perimetrale sono raffigurati sempre motivi a grottesca, con putti intenti a suonare strumenti musicali, mentre due di loro sorreggono un blasone a campo vuoto. Sempre sul coperchio vi sono due riserve delimitate da cornicette intagliate, raffiguranti due allegorie realizzate a champlevé. In una è rappresentata l'”ASTRONOMIA”, come specificato dal cartiglio sovrastante, raffigurata come una figura panneggiata alata che regge in mano una bacchetta, rivolta verso il cielo stellato.
Davanti a lei si trova un globo celeste sormontato da un’aquila, mentre alle sue spalle delle rovine antiche e un paesaggio collinare con abitazioni. Nell’altra riserva è invece raffigurata la “GEOMETRIA”, un donna turrita che tiene nelle mani un compasso e un perpendicolo, con i quali è intenta a prendere misurazioni su un globo terracqueo, dove si trovano due vascelli, e attorno al quale si sta avviluppando un serpente.
È rappresentata all’interno di una stanza delimitata da un porticato e arredata da cassapanche, sulle quali si trovano altri strumenti scientifici. Oltre il loggiato si scorge un paesaggio simile a quello presentato nella riserva precedentemente descritta.
Il fronte è interamente realizzato con la tecnica del fondo ribassato e bulinato, scandito da quattro fasce verticali nelle quali ci sono guerrieri in abiti rinascimentali.
Tra questi si trovano tre riserve, in quella centrale sono rappresentati Giuditta e Oloferne (“IVUDIT” e “OLOFERNI”), dentro alla tenda del generale assiro, l’eroina ebrea con in mano la testa mozzata del nemico, sullo sfondo la città assediata di Betulia. Nelle due laterali ci sono invece scene di combattimenti tra cavalieri, sullo sfondo la stessa città della riserva al centro, dunque plausibilmente riferibili sempre all’assedio della città giudea. La fascia superiore mantiene la tripartizione: ai lati sono raffigurati due putti posti ai fianchi di un ungulato, mentre nella sezione centrale due leoni affrontati e posti ai lati di un blasone che ospita la bocchetta.
Tracce dell’antica decorazione pirografata si ritrovano anche nella parte interna del coperchio (in origine posta all’esterno) e sui fianchi; su quest’ultimi si intravvedono una fascia ornata con girali fitomorfi e due dragoni. Anche la battuta è ornata con motivi geometrici realizzati a bulino, così come la fascia che corre lungo tutto il perimetro interno.
Dimensioni: 55 x 166,5 x 64,5 cm
CODICE: ANMOAL0104961
Il cassone appartiene a quelle produzioni attive già, con forme e realizzazioni più arcaiche, dalla metà del Quattrocento, come dimostrano alcuni esemplari noti agli studi, facilmente databili grazie agli abbigliamenti e acconciature delle dame. Nel nostro caso, il materiale iconografico e le armature dei cavalieri ci permettono di datare l’arredo alla fine del XVI secolo. Si tratta di cassette e cassoni dalle dimensioni variabili, da una lavorazione definita “a fondo ribassato”, ossia caratterizzate da una tecnica decorativa a champlevé, un rilievo basso su un fondo bulinato tramite un punzone dalle dimensioni ridotte. Gli studi e le tracce trovate su alcuni esemplari lasciano supporre che tutti questi fondi fossero in origine riempiti di mastici colorati, solitamente cera d’api pigmentata in verde oppure rosso.
Un esemplare simile è conservato presso il Museo d’Arti Applicate del Castello Sforzesco di Milano (inv. n. 13): si ritrova un’analoga ripartizione del fronte e all’interno del coperchio sono raffigurati una scena di torneo e ancora Giuditta e Oloferne.
In particolare questo oggetto era alquanto diffuso all’epoca, frequentemente impiegato per decorare cassapanche e cassoni nuziali, commissionati in occasione di importanti sposalizi. Nel nostro esemplare, molto interessanti sono le figure rappresentate sul coperchio, scelta iconografica molto colta e dunque destinata certamente a una committenza erudita.
Le due figure allegoriche si rifanno alle indicazioni fornite da Cesare Ripa nella sua Iconologia, ma per la Geometria si ritrova un confronto interessante con un’invenzione di Martin de Vos (1531-1603), successivamente ripresa anche da artisti come Johann Sadeler (1550-1600). Anche l’artista fiammingo riprende l’iconografia proposta da Ripa, ma riproponendola in un modo personale e con attributi che si ritrovano anche nell’allegoria presentata sul nostro cassone.
In particolare la scelta di rappresentare la figura con una corona turrita sul capo, gli strumenti scientifici a corredo e l’accortezza di raffigurare un serpente che si avviluppa attorno al globo terracqueo, dove, in entrambi i casi, si ritrovano dei vascelli. Presumibile supporre, dunque, che la nostra bottega si sia ispirata a questa incisione o che entrambi si siano invece rifatti a un unico prototipo.
– Museo d’Arti Applicate. Mobili e intagli lignei, Electa, Milano, 1996;
– Clara Santini, Mille mobili veneti. L’arredo domestico in Veneto dal sec. XV al sec. XIX. Le provincie di Vicenza, Treviso e Belluno, Artioli editore, Modena, 1999.
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