Arazzo – Abimelech restituisce Sara ad Abramo

Arazzo in lana e seta policroma

Parigi, tra il 1661 e 1668

Descrizione:

Arazzo in lana e seta policroma.

Manifattura fiamminga du Fabourg Saint-Germain, prima della manifattura Gobelins 1661-1668 ca., Atelier di Sébastien François del La Planche (. – 1695)  realizzato sui cartoni di Michel 1er Corneille (1601-1664) o Coneille il vecchio, allievo di Simon Vouet.

La scena rappresentata racconta la restituzione di Sara ad Abramo, da parte del re dei Filistei Abimelech. In Genesi è infatti narrato come Abramo, intento ad attraversare il regno di Gerar, fingesse che Sara non fosse sua sposa per evitare di essere ucciso da chi, ammaliato dalla bellezza della donna, volesse sbarazzarsi di lui. Al contrario, al fine di ottenere i favori dei suoi ammiratori, la presentava come sorella. Abimelech, invaghitosi di lei, la fece rapire, ma avvertito in sogno che la donna era in realtà moglie di Abramo, suo ospite, la restituì assieme a dei ricchi doni.

Al centro della scena è raffigurato il re filisteo come un giovane uomo biondo e barbuto, che indossa una corta tunica gialla damascata e un mantello rosso, anch’esso damascato. Con la mano destra porge un sacchetto (presumibilmente colmo di ricchezze) ad Abramo (posto a destra della scena), con una tunica ed un mantello, indossato a mo’ di toga, anch’essi damascati. Sara si trova invece sul lato opposto dell’arazzo, introdotta allo sposo dal re; la giovane donna indossa una lunga tunica gialla ed un mantello blu con lo stesso decoro di quello dei compagni e che in questo caso crea un ricco gioco di panneggi all’altezza delle gambe; i capelli biondi sono raccolti e trattenuti da una tripla fila di perle, il capo è coperto da un velo rosato.

Dietro i personaggi principali, al fine di contestualizzare la scena, sono rappresentate altre figure quali dame di compagnia, soldati e anziani diplomatici, a rappresentanza della ricca corte di Abimelech. La scena si svolge in un ambientazione del palazzo regale che si affaccia all’esterno, ma che ne denota lo sfarzo, come dimostrano la ricca pavimentazione e la balaustra decorate a tarsie marmoree, così come le mastodontiche colonne rastremate, intuibili nella loro parte inferiore, che plausibilmente sorreggono la copertura del palazzo. Un lussureggiante e verde paesaggio funge da sfondo, abitato in lontananza da una città lacustre, mentre più da vicino lo svolgimento di un’attività quotidiana quale quella di un mercante viene utilizzata a pretesto per rappresentare un animale esotico quale un cammello.

L’arazzo presenta un’ampia bordatura entro la quale sono rappresentati motivi che riprendono la tipologia delle grottesche, con bacchini, putti, cicogne, vasi, un trofeo d’armi, ed elementi fitomorfi.

Dimensioni: 320 x 310 cm

Analisi storico-critica:

La manifattura del Fabourg Saint-Germain venne istituita presso i locali dell’Hopital des Teigneux (Rue del la Chaise) nel 1633, a seguito della separazione tra i due cugini Raphael de La Planche e Charles de Comans, eredi della società istituita il 29 maggio del 1601 da Marc de Comans, Jérome de Comans e Frank Van der Planken (francesizzato in François de La Planche), chiamati da Adenaarde a Parigi dal re Enrico IV, il quale emanò una serie di decreti tra quell’anno e il 1607, comportando di fatto il monopolio dei fiamminghi nella realizzazione di arazzi. Nel 1661, alla morte di Raphael, l’attività fu ereditata dal figlio Sébastien-François de La Planche fino al 1668, quando fu costretto a chiuderla a causa dell’istituzione della manifattura reale dei Gobelin, da parte di Luigi XIV. La produzione della manifattura di Fabourg Saint-Germain fu abbondante e di alta qualità e vide una spinta dal 1627 con l’arrivo a Parigi di Simon Vouet: l’artista, proveniente da un soggiorno in Italia, apportò uno stile originale, caratterizzato da vivacità dei colori e grande ricchezza decorativa, organizzando un atelier di artisti appositamente specializzati nella realizzazione di cartoni derivati dai suoi disegni e dai suoi dipinti.

L’arazzo in esame si colloca nella vasta produzione realizzata dalla manifattura di Fabourg Saint-Germain, sotto la direzione di Sébastien-François de La Planche, dunque tra il 1661 e il 1668; il soggetto appartiene a una più ampia serie con Le Scene dell’Antico Testamento, i cui episodi furono progettati da Simon Vouet. In particolare l’opera qui in analisi è realizzata su un cartone preparatorio di Michel I Corneille (o Corneille il Vecchio), allievo dell’artista parigino e tra i fondatori della l’Académie royale de peinture et de sculpture, assieme a Charles Le Brun, Philippe de Champaigne.

Come accadeva di consueto in occasioni simili, da uno stesso cartone venivano prodotti diversi arazzi, talvolta con alcune modifiche a seconda della committenza o della volontà degli artisti (sia nella fase progettuale, che nella fase di tessitura) di dimostrare la propria bravura e la capacità d’inventiva. Certamente riconducibili al nostro sono infatti altri due esemplari, raffiguranti il medesimo soggetto. Il primo di questi (passato in asta da Tajan, il 10 ottobre 2017, lotto 91), seppur mutilo nella parte inferiore (manca il bordo della bordatura, che invece sui tre rimanenti lati si presenta pressoché identica rispetto a quella del nostro), è una riproposizione fedele di quello in esame, seppur con l’aggiunta dei tre personaggi sulla sinistra della scena. Del tutto identico al nostro (anche se le figure ai margini non sono tagliate dalla bordatura) è l’esemplare conservato nel castello di Châteaudun (inv. CHA1996000130), appartenente ad una serie costituita da sei pezzi.

Probabilmente l’arazzo in esame è tra quelli a cui fa riferimento Maurice Fenaille (p. 311): “Dans l’inventaire de la manufacture du Faubourg Saint-Germain, en 1661, on trouve à plusieurs reprises la mention d’une tenture de l’Histoire d’Abraham qui doit être la Tenture de l’Ancien Testament. Item, six pièces peintes en huile sur toile, représentant l’Histoire d’Abraham […]”. Pur non essendo meglio specificato il soggetto rappresentato, la notifica che esistono diversi esemplari e la corrispondenza numerica con il ciclo conservato nel castello di Châteaudun fanno supporre che possa verosimilmente trattarsi del Abimelech restituisce Sara ad Abramo. Altri arazzi appartenenti alla medesima serie sono i dieci pezzi acquisiti dalla corona nel 1668 ed oggi conservati nel castello di Vaux-le-Vicomte e nelle collezioni di Luigi XIV, anche se quest’ultimo, oramai considerato perduto, fu tessuto a Bruxelles nel XVII secolo.

Sono possibili inoltre ulteriori confronti con altre serie di arazzi provenienti dalla stessa manifattura, quali quelli appartenenti alla Storia di Diana (Fenaille 1903, pp. 231-240) e alla Storia di Psiche (Fenaille 1903, pp. 287-292): l’impostazione è infatti molto simile, con i protagonisti al centro della scena, spesso accompagnati da personaggi secondari e con un fondo sempre minuziosamente descritto, sia esso paesistico-naturale che architettonico, al fine di contestualizzare ma allo stesso tempo arricchire l’episodio narrato; presente anche la sfarzosa bordatura decorata con elementi fitomorfi, putti, vasi. In particolare, praticamente identici sono i Bacchini che sorreggono vasi agli angoli inferiori della bordatura, con quelli nella medesima posizione presenti nel Pasto di Psiche, appartenente all’omonima serie. La bordura si caratterizza in modo pedissequo sulle varie realizzazioni quasi fosse un marchio di fabbrica.

Bibliografia:

– Maurice Fenaille, État général des tapisseries de la manifacture des Gobelins (Éd. 1903), Paris, Hachette livre, s.d.;

– Il libro degli arazzi, a cura di Joseph Jobè, Milano, Garzanti, 1965, pp. 89-91;

– Jean Vittet e Arnauld Bréjon de Lavergnée, La Collection de Tapisseries de Louis XIV, Dijon, Éditions Faton, 2010, p.355, n. 54.

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