In scena una significativa raccolta dei pezzi, tra i più importanti, di Angelo Mangiarotti (1921-2012), architetto milanese considerato uno dei grandi maestri italiani del design, capace di rendere sensuale la materia e creare opere diventate modelli di riferimento per l’architettura, il design e l’arte.
Sono tavoli e sedute in marmi pregiatissimi, di produzione originale ottimamente conservati, perfetti per l’arredo contemporaneo, con dettagli e forme che emozionano per la loro morbidezza.
A questi si affianca e quasi si contrappone pur mantenendosi in raffinato dialogo, il lineare e architettonico tavolo Delfi di Carlo Scarpa, (2 giugno 1906 – 28 novembre 1978), architetto veneziano noto per la sua capacità di fondere la tradizione italiana con le tecniche moderne e la sua attenzione ai dettagli. Pluripremiato e indubbio protagonista del design internazionale, le sue opere, innovative e all’avanguardia, mostrano un grande rispetto per la storia e la cultura italiana.
Opere d’arte, pezzi di architettura, arredi che oggi definiremmo iconici arrivano però da un periodo storico e culturale che si orientava all’utilizzo di altri materiali.
Infatti, con l’avvento dell’industrializzazione e, ancor più, con le scoperte chimiche del Novecento, il mondo degli oggetti e degli arredi venne completamente stravolto. Soprattutto negli anni Cinquanta e Sessanta, la produzione di mobili vide sempre più l’impiego di materiali plastici, molto richiesti sia per essere il sinonimo di quell’innovazione che tanto veniva agognata, ma anche per la loro economicità e dunque possibilità di entrare nelle case della “gente comune”. Inoltre, questa tipologia di materiali consentiva l’apertura a nuove sperimentazioni anche nell’ambito estetico e delle forme, non solo con nuovi effetti visivi e di colorazione, ma anche della struttura stessa.
All’interno di questo panorama dominato da una produzione del tutto nuova e che catalizza buona parte del mercato, si affermarono alcune figure di architetti e designer che invece impiegano ancora un materiale aulico e antico quale il marmo; appositamente scelto dai designer perché meglio si presta alla realizzazione dell’oggetto stesso, divenendone struttura e non più vezzo estetico.
Ne sono una chiara testimonianza gli esempi in mostra, con Carlo Scarpa e un nucleo più nutrito di Angelo Mangiarotti.
Il tavolo Delfi fu progettato da Scarpa nel 1970, rivedendo un modello razionalista ideato negli anni Trenta da Marcel Breuer. E’ costituito da due basi monolitiche in marmo che sostengono il piano rettangolare dello stesso materiale, fissati tra loro con boccole in ottone e perni in marmo. Il tavolo è concepito come un elemento architettonico, con le poderose basi scanalate e l’impiego del marmo non fa che aumentare questa percezione.
Un ulteriore passaggio e approccio nell’impiego del marmo fu attuata da Mangiarotti che, con la Skipper già alla fine degli anni Sessanta, produsse diversi arredi. Con i tavoli delle serie Eros (qui proposto anche nella sua elaborazione Freccia) e Incas, il designer infatti creò degli arredi che si connotano come dei veri e propri esperimenti con il marmo. Mangiarotti studiò attentamente la resa estetica degli incastri dei blocchi che compongono i tavoli, ma analizzò anche le caratteristiche fisiche del materiale, con il suo peso specifico che gli consentì di realizzare tavoli la cui stabilità è garantita dalla gravità. Il marmo è dunque scelto sia per la sua aulicità e raffinatezza estetica, ma anche (e forse soprattutto) per le sue peculiarità fisiche, funzionali alla realizzazione di tavoli così come sono progettati dal designer.
Importante sottolineare come Mangiarotti stesso, restando fedele al concetto di design come di prodotti legati a una produzione più massiva, proprio con la realizzazione della fortunata serie Eros, portò a una e vera e propria meccanizzazione nella lavorazione del marmo. Se fino a poco prima erano infatti necessari molti interventi manuali, questi vennero quasi completamente eliminati grazie alla messa a punto di attrezzature appositamente realizzate per l’occasione.
La sperimentazione con il marmo, da parte di Mangiarotti, proseguì anche nei decenni successivi. Degli anni ‘80 è infatti il tavolo M4, nel quale il marmo è impiegato per il solo balaustro centrale, mentre il piano è in vetro, realizzando un arredo più leggero sia letteralmente, che visualmente, attraverso le trasparenze del piano.
Ampiamente usato anche a decorazione degli arredi, al fine di impreziosirli, il marmo è da sempre sinonimo di ricchezza. Infatti, la difficoltà nell’estrazione, nel trasporto e nella lavorazione del materiale ne fecero un prodotto costoso, che anticamente soltanto le committenze più facoltose potevano permettersi. Vero e proprio status symbol ma non solo: il marmo era ricercato anche per le caratteristiche estetiche. La sua presenza sulla mobilia ci conferma l’alta fattura e ricercatezza di questi complementi.
Ne sono un esempio i due piani in mostra, risalenti al XIX secolo, il cui “corpo” di pietra lastronata in breccia medicea e rifinito con un ciglio in bronzo, presenta geometrie ottenute da una sapiente lavorazione a specchio.
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