Un presepe di ottocento anni fa
Rappresentazioni della Natività si ritrovano già a partire dal III secolo, spesso si tratta della diade Vergine e Bambino oppure della Sacra Famiglia, collocate all’interno di una stalla o di una grotta e talvolta accompagnate da pastori o dai Magi. Ma queste raffigurazioni sono prettamente pittoriche oppure a bassorilievo in materiali preziosi quali l’avorio, come l’esemplare del X secolo proveniente da Costantinopoli e oggi conservato presso il Museo del Louvre a Parigi.
Il presepe modernamente inteso, ossia come raffigurazione plastica della nascita di Gesù, nacque solamente più tardi, in epoca medievale, grazie a san Francesco. Quest’anno ricorre infatti l’ottocentesimo anniversario della prima rappresentazione corale della Natività: la notte di Natale del 1223 il “poverello d’Assisi” allestì nella località di Greccio il primo presepe vivente.
Il celebre episodio è raccontato nella Legenda Maior, biografia del santo scritta in latino da Bonaventura di Bagnoregio, nel quale è riportato “Come il beato Francesco, in memoria del Natale di Cristo, ordinò che si apprestasse il presepe, che si portasse il fieno, che si conducessero il bue e l’asino; e predicò sulla natività del Re povero; e, mentre il santo uomo teneva la sua orazione, un cavaliere scorse il <vero> Gesù Bambino in luogo di quello che il santo aveva portato.”.
Proprio quest’evento miracoloso legato alla messa in scena sacra fu uno di quelli selezionati per le Storie di San Francesco, realizzate da Giotto nella Basilica superiore dedicata al santo, ad Assisi.
L’idea di un presepe vivente iniziò a maturare nel santo patrono d’Italia all’avvicinarsi del Natale di quell’anno per celebrare la nascita di Gesù, ma anche per vivere in prima persona le condizioni rigide nelle quali era avvenuta. La scelta delle colline di Greccio fu scontata, essendo egli legato a queste alture che gli ricordavano la Palestina e Betlemme, ed essendo intimo del signore di questi luoghi, Giovanni Velita, lo coinvolse direttamente nella predisposizione dell’evento.
Da questa prima rappresentazione, il successo della Natività nell’arte ebbe un vero e proprio incremento: molto richiesta tanto dalle committenze religiose quanto quelle laiche, i più grandi artisti del rinascimento videro nel loro catalogo almeno un’opera su questo tema. Solo per citare alcuni di quelli più noti, la Natività Mistica di Sandro Botticelli, la suggestiva Adorazione dei Magi incompiuta di Leonardo, oppure ancora l‘Adorazione dei pastori Allendale di Giorgione, immersa in un caratteristico paesaggio naturale.
A partire dalla fine del XIII secolo si affermarono, sulla scia del presepe vivente di Greccio, rappresentazioni scultoree a tutto tondo della Natività, spesso interpretata proprio con quella coralità che aggiungeva una forte componente empatica alla scena. Uno dei primi fu Arnolfo di Cambio, con il suo presepe in marmo realizzato per la Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma. Non solo pietra, ma anche il legno fu uno dei materiali prediletti, uno dei più antichi è quello, dipinto in policromia, realizzato da un anonimo scultore per la Basilica bolognese dedicata a Santo Stefano. Entrambi i gruppi statuari potrebbero essere correttamente titolati anche come Adorazione dei Magi, essendoci la Sacra Famiglia (nella versione romana accompagnata anche dal bue e dall’asino) e i tre re con i doni.
Ma parlando di presepe non può non venire in mene la tradizione napoletana, tanto celebre e ricercata ancora oggi. È degli anni Settanta del Quattrocento il primo allestimento con sculture a grandezza naturale, oggi nella certosa partenopea di san Martino. Il vero momento di svolta per il presepe napoletano avvenne in epoca barocca e ancora dopo nel corso del Settecento. Le scene divennero affollate, con una grande attenzione alla resa teatrale e scenografica; particolare cura viene posta anche nella scelta dei personaggi, spesso appartenenti alla quotidianità: pastori, artigiani, esponenti dei ceti più alti, offrono uno spaccato delle attività e delle figure sociali della contemporaneità. Iniziarono a cambiare anche la tecniche di realizzazione, impiegando non solo legno, ma anche vetro per gli occhi, fil di ferro e tessuti per gli abiti.
Forse il più caratteristico tra quelli noti è il presepe borbonico della Reggia di Caserta: le figure sono collocate sopra al cosiddetto “scoglio” di sughero, riproponendo quello che era stato l’ultimo allestimento del 1845, realizzato in occasione dell’inaugurazione della ferrovia Napoli-Caserta.
Il presepe è una rappresentazione che affonda le sue radici nella tradizione italiana, ma che ancora oggi è tanto apprezzato, riproposto nel periodo natalizio, ma ricercato sempre dai collezionisti.