Marmaros
La bellezza del marmo tra antico e design
«Le mie opere sono sempre nate dall’interesse, la curiosità, che ho per la materia e i modi possibili di lavorarla; per poi trovare soluzioni spesso anche al limite, direi. Bisogna sempre porre molta attenzione alla scelta dei materiali con i quali sarà realizzato un oggetto, poiché si stabilisce un rapporto con la forma sempre molto delicato. L’innovazione tecnologica rappresenta uno degli aspetti fondamentali per il lavoro del designer, ma non deve portare all’esasperazione della tecnica a scapito di altri aspetti.»
Questa citazione di Angelo Mangiarotti, architetto e designer, spiega la nascita delle fortunate serie Eros e Incas, realizzate in marmo e pietra serena e realizzate da Skipper negli anni Settanta.
Questi arredi costituiscono un nucleo cospicuo degli articoli proposti all’evento di FineArt by Di Mano in Mano, presso gli spazi espositivi di Cambiago, dal 23 settembre al 1 ottobre. Nella rassegna dedicata ai molteplici usi e lavorazioni del marmo, dall’antico passando attraverso il design e arrivando a pezzi contemporanei, Mangirotti ricopre un posto d’onore, in qualità di ideatore degli arredi che si connotano come dei veri e propri esperimenti con il marmo.
Per l’architetto, il materiale lapideo consente l’apertura a nuove sperimentazioni, soprattutto nella struttura dei mobili; viene appositamente scelto perché è il materiale che meglio si presta alla realizzazione dell’oggetto stesso. Mangiarotti studiò attentamente la resa estetica degli incastri dei blocchi che compongono i tavoli, ma analizzò anche le caratteristiche fisiche del materiale, che con il suo peso specifico gli consentì di realizzare tavoli la cui stabilità è garantita dalla gravità.
Il marmo è dunque scelto sia per la sua aulicità e raffinatezza estetica, ma anche per le sue peculiarità fisiche, funzionali alla realizzazione di tavoli così come sono progettati dal designer.
Mangiarotti stesso, restando fedele al concetto di design come di prodotti legati a una produzione più massiva, con la realizzazione della fortunata serie Eros, portò a una e vera e propria meccanizzazione nella lavorazione del marmo. Se fino a poco prima erano infatti necessari molti interventi manuali, questi vennero quasi completamente eliminati grazie alla messa a punto di attrezzature appositamente realizzate per l’occasione.
La sperimentazione con il marmo da parte di Mangiarotti, proseguì anche nei decenni successivi. Degli anni Ottanta è infatti il tavolo M4, nel quale il marmo è impiegato per il solo balaustro centrale, mentre il piano è in vetro, realizzando un arredo più leggero sia letteralmente, che visualmente, attraverso le trasparenze del piano.
«Nei miei progetti, ho sempre cercato che le esigenze delle persone partecipassero alla definizione dell’opera. Direi che il punto di partenza fondamentale, per progettare un oggetto di design, risiede nell’utilità che questo ha per la gente. Un oggetto che non nasce da una necessità non può essere neppure considerato come appartenente a questa categoria, il design.»
Angelo Mangiarotti
L’uso del marmo in epoche più recenti era già stato affrontato in epoche recenti da altri architetti.
Con l’avvento dell’industrializzazione e, ancor più, con le scoperte chimiche del Novecento, il mondo degli oggetti e degli arredi venne completamente stravolto. Soprattutto negli anni Cinquanta e Sessanta, la produzione di mobili vide sempre più l’impiego di materiali plastici, molto richiesti sia per essere il sinonimo di quell’innovazione che tanto veniva agognata, ma anche per la loro economicità e dunque possibilità di entrare nelle case delle masse. Nei decenni precedenti era infatti completamente cambiato il modo di concepire la dimensione domestica delle proprie abitazioni e si era oramai resa necessaria la possibilità di arredare le case, a partire dall’emergente classe operaia, con mobili e oggetti che fossero allo stesso tempo economici, funzionali e di aspetto gradevole. Questa tipologia di materiali consentiva infatti l’apertura a nuove sperimentazioni anche nell’ambito estetico e delle forme, non solo con nuovi effetti visivi, ma anche della struttura stessa.
All’interno di questo panorama dominato da una produzione del tutto nuova e che catalizza buona parte del mercato, si affermarono alcune figure di architetti e designer che invece impiegano ancora un materiale aulico e antico quale il marmo.
Partendo proprio dalla definizione di design, il marmo non fu più scelto prettamente per le sue qualità estetiche, ma anche per la sua funzionalità. Il materiale lapideo, proprio in un’ottica di fruibilità all’interno di una produzione industriale, venne scelto per le sue caratteristiche intrinseche di peso specifico e stabilità, consentendo, attraverso un’attenta fase progettuale, la realizzazione di nuovi arredi.
Appositamente scelto dai designer perché è il materiale che meglio si presta alla realizzazione dell’oggetto stesso.
Un chiaro e precoce esempio a tal proposito è costituito dalla celebre Arco di Castiglioni per Flos (1962), per la quale la scelta del marmo non fu decisa dall’inizio, ma quasi obbligata dalla struttura stessa della lampada. Il pesante blocco funge infatti da contrappeso al braccio telescopico alla cui estremità si trova il riflettore, conferendo una grande stabilità.
Nel corso dello stesso decennio l’uso del marmo divenne non più casuale e occasionale, ma si caratterizzò come una scelta voluta da diversi designer, non più relegato solamente a parte decorativa, ma egli stesso struttura.
«Il mediocre non ci interessa, il bello lo conosciamo, andiamo alla ricerca del sublime».
Carlo Scarpa
Ne sono ulteriore testimonianza gli esempi di Carlo Scarpa, uno tra i più grandi architetti italiani.
Il tavolo Delfi fu progettato da Scarpa nel 1970, rivedendo un modello razionalista ideato negli anni Trenta da Marcel Breuer. Questo arredo è costituito da due basi monolitiche in marmo che sostengono il piano rettangolare dello stesso materiale, fissati tra loro con boccole in ottone e perni in marmo. Il tavolo è concepito come un elemento architettonico, con le poderose basi scanalate, e l’impiego del marmo non fa che aumentare questa percezione. Lo stesso concetto è quello alla base del tavolo Samo, anch’esso prodotto da Simon a partire dal 1970.
In realtà l’uso del marmo trova le sue radici già in antichità.
Marmaros, “pietra splendente”, in greco antico indicava qualsiasi pietra potesse essere lucidabile mediante la levigatura.
In antico il marmo è scelto per le sue qualità estetiche, ma anche per la sua resistenza e longevità. Ricercato dagli scultori, la naturale durezza del materiale e la difficoltà nella correzione di errori, richiedono una particolare attenzione non solo in fase esecutiva, ma anche in quella progettuale. Ancor prima, l’artista deve adeguatamente saper scegliere il blocco di marmo, per evitare la formazione di crepe o rotture.
In antico, in epoca rinascimentale, così come in quella barocca e fino al XIX secolo, il marmo era ricercato prettamente per le sue qualità estetiche. Ampiamente usato nella realizzazione di statue, questo materiale è noto per essere il prediletto di molti artisti di grande fama. Non si può non citare Michelangelo Buonarroti e i suoi numerosi apparati scultorei, che dimostrano la capacità di plasmare la materia, facendo emergere le poderose figure dal blocco grezzo. Ancora, più tardi, Gian Lorenzo Bernini, vero e proprio genio nella trattazione del marmo che viene da lui trasformato dando una resa assolutamente mimetica con la realtà.
Ma in antico il marmo è ampiamente usato anche a decorazione degli arredi, per impreziosirli: la difficoltà nell’estrazione, nel trasporto e nella lavorazione del materiale ne fanno un prodotto costoso, che solamente le committenze più facoltose possono permettersi.
La presenza del marmo sulla mobilia ci conferma l’alta fattura e ricercatezza di questi complementi.
Il marmo veniva impiegato soprattutto nella realizzazione dei piani; più rari ma comunque noti sono esempi di cassettoni nei quali il materiale lapideo è impiegato anche a impreziosire il fronte e i fianchi.
Vero e proprio status symbol, il marmo era ricercato anche per le caratteristiche estetiche, grazie alle numerose varianti e colorazioni. Spesso, inoltre, le lastre di marmo sono accostate tra loro in modo che le venature formino disegni geometrici e specchiature, aumentandone la raffinatezza.
Ma in antico il marmo aveva anche una vera e propria valenza scientifica. Con la riscoperta degli scavi pompeiani e il fenomeno dei Grand Tour, sono molto richiesti i tavoli lapidei, i cui piani realizzati in marmo commesso presentano un campionario che soddisfa il desiderio di cultura dell’acquirente. Tra le botteghe più prolifiche vi è l’Opificio presieduto da Alfonso Cavamelli, al quale è attribuito il maestoso tavolo proposto in esposizione. Pur con una grande accuratezza nella resa estetica, grazie a un complesso sistema di ellissi che vanno a formare le losanghe entro le quali sono alloggiati i marmi, il piano circolare si propone come un vero e proprio catalogo di marmi e pietre dure, una selezione di materiali lapidei ricercati per la loro bellezza e dimostrazione di cultura, dunque ancora uno volta a rimarcare lo status sociale, in questo caso di dotto uomo illuminista.
Il marmo continua tutt’oggi a essere un materiale apprezzato e impiegato dai designer, come le opere proposte e realizzate da studiointervallo.
Fondato da Andrea Ghisoni, studiointervallo persegue un’idea di progetto che nasce dall’intersezione tra l’essenzialità del segno, la luminosità delle forme e la nobiltà del lavoro artigianale.
Arredi mono-materici in grado di configurarsi come piccole architetture, che dialogano con la luce dell’ambiente circostante, generando giochi di chiaroscuro. Gli elementi propri dell’architettura fanno un salto di scala per diventare struttura e decoro di arredi caratterizzati da una forte identità.
La ricerca dei materiali e delle finiture valorizza il prodotto conferendogli unicità e rendendolo un elemento prezioso.
La collezione Mirage, rappresentata in mostra dai coffe-table e dai centerpiece, nasce dalla matericità monolitica della pietra. Forma e funzione coincidono, creando un elemento senza fronzoli, che nasce dalla sottrazione della materia. I pieni e i vuoti si alternano e creano sfumature di luce grazie alla giustapposizione dei decori.
La console Bogdan nasce da un’unico blocco di marmo. Un complemento d’arredo mono materico, caratterizzato solo da un’unica linea di colore che ne definisce il perimetro e la forma.
I coni alla base, disposti in modo circolare a creare un elemento unitario, sorreggono il piano che si configura come elemento d’unione di ciò che lo innalza. Il dettaglio della lavorazione sul bordo impreziosisce e completa il piano, creando insieme ai coni, giochi di chiaro scuro.