L’Art Nouveau
“L’originalità consiste nel tornare alle origini.”
Questa citazione del celebre architetto catalano Antoni Gaudì riassume il concetto alla base di quella corrente artistica che si diffuse in Europa e negli Stati Uniti, tra la fine dell’Ottocento e il primo decennio del secolo successivo.
Movimento precursore fu infatti quello delle “Arts and Crafts”, affermatosi in Inghilterra nella seconda metà del XIX secolo e fondato da Jhon Ruskin e William Morris. Il luogo d’origine non fu certamente un caso: la nazione madre della rivoluzione industriale e la realizzazione sempre più massiva di quella che era definita come “arte applicata”, funsero da spinta per un profondo cambiamento.
La serialità di arredi e suppellettili, spesso in materiali scadenti, portarono infatti a una profonda riflessione sia sull’estetica che sulle modalità produttive, imprescindibilmente legate a una nuova consapevolezza dell’importanza e del reciproco condizionamento tra arte e società. Ritornando al sistema corporativistico d’ispirazione medievale, questa struttura vide però un rapido declino, a causa degli altissimi costi di produzione, insostenibili per il consumatore finale.
Ma oramai la rivoluzione artistica era in atto e con l’Art Nouveau si cercò di ottenere un risultato sostenibile.
L’importanza che questa corrente ebbe è riscontrabile già dal bacino di diffusione che ebbe, assumendo differenti nomenclature nelle diverse nazioni, certamente sintomo del profondo sentire di appartenenza della quale era portatrice.
Art Nouveau in Francia, Modern Style in Gran Bretagna, Jungendstil in Germania, Arte Jóven in Spagna, Sezessionstil in Austria, sono tutti titoli accomunati a sottolineare la novità della nuova arte, al suo taglio col passato.
La volontà di cesura rispetto all’eclettismo imperante alla fine dell’Ottocento è in realtà alquanto comprensibile: la ripresa di stili in auge nel passato si era pian piano tramutata in una mera e banale riproposizione di stilemi, che sempre più spesso offrivano arredi e oggetti ridondanti e “pesanti”.
Questa insofferenza per il gusto tardo ottocentesco e la volontà di guardare a nuovi modelli, in realtà in Europa si respirava già alla metà del secolo ancora prima in pittura piuttosto che nelle arti applicate: i preraffaelliti in Inghilterra, i pittori della scuola di Barbizon presso la foresta di Fontainbleau, i macchiaioli in Toscana, erano tutti accomunati da un nuovo avvicinamento alla natura, alla sua osservazione dal vero e all’analisi minuziosa degli eventi che la caratterizzano.
Pare comprensibile, dunque, come sul finire del secolo, in una società sempre più industrializzata, le arti continuino a trarre ispirazione dalla natura, dai suoi movimenti sinuosi.
Significativo è come spesso questa corrente venga indicata anche con nomi che suggeriscono proprio questi elementi formali che lo caratterizzano: Lilienstil (stile giglio), Wellen-stil (stile onda), Schnörkestil (stile spirale), style coup de fouet (stile colpo di frusta); paling styl (stile anguilla).
Il movimento mosso, leggero e arioso è alla base dell’Art Nouveau, applicato alla mobilia, alla gioielleria e alle suppellettili; una delle lavorazioni che maggiormente fu influenzata da questa corrente fu senza alcun dubbio quella del vetro.
Fu infatti proprio tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, in Francia e in particolare a Nancy, che nacquero e si affermarono due tra le più importanti vetrerie e che recepirono le innovazioni estetiche e non solo delle quali l’Art Nouveau si faceva portatrice: quella Gallé e quella gestita dai fratelli Daum (QUI per l’articolo di approfondimento sui vetri).
Ma questo stile interessò anche intere architetture e arredi urbani. Tra gli esempi ben noti all’immaginario comune ci sono le édicule Guimard, strutture realizzate dall’architetto Hector Guimart come imbocco ad alcune fermate della metro parigina, caratterizzate proprio da un’analisi formale dello stelo vegetale. Oppure ancora, spostandosi in Spagna, i parchi e le case progettate da Antoni Gaudì, colorate e dall’effetto quasi onirico, una versione del tutto personale del gusto Liberty.
Se infatti questo stile fu quello adottato dalla moda di quegli anni, anche grazie alle numerose esposizioni nazionali in primis quella di Parigi del 1900, vi furono certamente alcune personalità emergenti e in grado di adattarne gli stilemi al proprio particolarissimo gusto, come il già citato Gaudì, lo scozzese Charles Rennie Mackintosh o ancora l’italiano Carlo Bugatti.
Naturalmente l’Art Nouveau interessò anche l’arte pittorica. Solamente per citare i più celebri e noti Alphonse Mucha, Gustav Klimt, Egon Schiele e, ancora prima Henri de Toulouse-Lutrec.
Per l’Italia, la questione merita qualche ulteriore piccola annotazione, a partire dalla nomenclatura Liberty, derivata dai magazzini londinesi di Arthur Lasenby Liberty, specializzati nella vendita di prodotti provenienti dall’oriente, cultura che generava molta attrazione che spesso influenzò la produzione di questi anni, il cosiddetto japonism. Differente è la situazione di partenza, quella di una nazione neonata nella quale l’industrializzazione tardava ad avviarsi, se non in modo ancora embrionale in pochi centri del nord della penisola.
La regionalità e l’artigianalità erano ancora ben radicate nella produzione dei mobili, il ritorno a una dimensione di bottega che tanto veniva auspicato all’estero, in Italia era già in atto.
Anche il rapporto e il confronto con l’arte del passato deve partire da considerazioni differenti: la ripresa dei motivi floreali e fitomorfi, lo studio della natura presa a modello dal quale derivare le nuove forme decorative era una prassi già attuata in antico.
Fin dall’epoca romana le decorazioni intagliate sui fregi dei templi e, successivamente, approntate sulle pareti dei grandi saloni, oppure gli elementi strutturali dei mobili, altri non sono che differenti interpretazioni del motivo fogliaceo e floreale. Le grottesche rinascimentali, le poderose volute barocche, le rocaille rococò e i motivi simmetrici fitomorfi neoclassici sono tutti differenti esercizi, in base al gusto dell’epoca, partendo dalla natura.
Ecco allora come il Liberty in Italia si connoti ulteriormente come una naturale evoluzione, una variazione sul medesimo tema, oramai con un’imprescindibile attenzione alla funzionalità dell’oggetto stesso, in una e vera ottica precorritrice del design modernamente inteso.