Lo stile neoclassico nelle arti nacque quasi contemporaneamente in tutta Europa come il bocciolo di un fiore che coi primi caldi non riesce più a trattenersi e si apre.

Vi furono tuttavia delle differenze, legate agli ambienti culturali e territoriali in cui si sviluppò, che diedero spazio a una piacevole varietà interpretativa. Non da ultimo ci furono figure particolarmente creative che svilupparono attraverso i propri occhi e la propria esperienza una personale visione dello stile dei lumi.

In Francia le basi della nascita del pensiero illuminista furono poste da Montesquieu, Voltaire, Russeau, Diderot e d’Alembert già nella prima metà del XVIII secolo; l’opera enciclopedica degli ultimi due fu cruciale per il rinnovo delle arti ma non solo; scrisse Diderot nel 1762:

“Quest’opera produrrà certamente, col tempo, una rivoluzione negli animi ed io spero che i tiranni, gli oppressori, i fanatici e gli intolleranti non abbiano a trarne vantaggio. Avremo reso un servigio all’umanità”

Stanchi dello strapotere degli aristocratici e del loro stile di vita dissoluto, gli illuministi si fecero portatori di una nuova ideologia fondata sulla giustizia e sulla razionalità e, dunque, di un nuovo ordine sociale. Come è ben noto, questo sovvertimento di pensiero ebbe come conseguenza diretta la Rivoluzione Francese, con ampie ripercussioni in tutto il mondo occidentale. Una delle monarchie europee tra le più longeve e importanti venne infatti destituita, mettendo in discussione l’intero ordine sociale così come era stato inteso fino a quel momento. La concezione del sovrano quale diretta emanazione divina e dei titoli aristocratici come diritto acquisito con la nascita venne completamente stravolta. Le idee illuministe promulgavano difatti l’uguaglianza dei diritti umani e la possibilità per chiunque, tramite le proprie azioni, di riscattarsi e raggiungere posizioni di rilievo. Curioso come le preoccupazioni di Diderot trovarono conferma nell’ascesa del nuovo Imperatore Napoleone Bonaparte.

In ambito artistico, come indica anche il nome, il Neoclassicismo fu caratterizzato da una riscoperta dell’antichità classica.

L’arte e in generale la cultura antica erano viste come portatrici dei valori tanto promulgati dall’Illuminismo. Gli eroi del passato erano personaggi virtuosi portatori di quella giustizia agognata dai contemporanei. In tutte le espressioni artistiche si assiste a un ritorno dell’ordine, in netto contrasto con gli stili precedenti, il Barocco e il Rococò (si vedano i rispettivi articoli). Nell’arte così come nella vita, l’intelletto deve dominare sui sensi, bisogna evitare tutto ciò che è forzato e inutilmente fastoso, ricercare l’esatto e il posato in luogo dell’inesatto e dell’impetuoso, creare un’immagine di bellezza ideale, priva delle imperfezioni proprie degli oggetti e degli esseri naturali.

Tale riscoperta dell’antico fu indubbiamente legata alle nuove scoperte portate alla luce negli scavi di Ercolano e Pompei, diffuse attraverso la riproduzione in stampa.

L’archeologo e storico tedesco Johann J. Winckelmann nella sua Storia dell’arte antica(1764) delineò un ideale di perfezione estetica i cui caratteri fondamentali sono la dignità, la grazia, la serenità, la compostezza, da ricercarsi anche nella rappresentazione del dolore: caratteri riassunti nella celebre definizione delle statue greche come dotate di “una nobile semplicità e una quieta grandezza”. L’esempio da seguire è quello dei greci, “l’unica via per divenire grandi e, se possibile, inimitabili, è l’imitazione degli antichi”.

Tra i pittori, Jaques-Lousi David fu certamente portatore di questo nuovo stile in dipinti quali Il giuramento degli Orazi.

La composizione è perfettamente studiata con linee rigorose, le architetture simmetriche sullo sfondo riprendono gli edifici antichi e anche i personaggi in primo piano sono portatori di quegli alti valori morali di democrazia e patriottismo, fondamento della società.

Jacques-Louis David – Giuramento degli Orazi
Tra gli scultori, quello maggiormente rappresentativo fu senza alcun dubbio Antonio Canova, le cui opere mostrano chiaramente la derivazione dalla statuaria antica (o almeno così come era pervenuta e nota all’epoca; oggi è ben risaputo che le statue greche fossero in realtà policrome).

Le tre Grazie ne riprendono infatti la grazia e la leggerezza delle figure muliebri, dalle anatomie proporzionate e perfettamente realizzate.

Nelle arti decorative, come già detto, si trovano alcune differenze talvolta sostanziali, a seconda delle figure dominanti che impostarono il gusto attraverso il loro sguardo filtrato dalle esperienze personali.

L’architetto Robert Adams, tornò in Inghilterra nel 1758 dopo quattro anni di Grand Tour attraverso tutti i principali centri dell’antichità, non solo italiani e riportando uno stile estremamente pulito, leggero e spazioso, affascinato dai colori a pastello visti nel suo viaggio.
A Roma Piranesi, oltre a fornire varie stampe raffiguranti i ritrovamenti, pubblicò Opere varie di architettura, prospettive, grotteschi, antichità sul gusto degli antichi romani, inventate e incise da Gio. Piranesi architetto veneziano (1750) e poi Diverse maniere di adornare i cammini (1769). È interessante osservare come le sue invenzioni siano influenzate e debitrici del gusto barocco, lo stile romano per eccellenza. Non a caso gli arredi romani ebbero bisogno di qualche anno per spogliarsi di un’abbondanza decorativa, che tuttavia era una citazione continua dell’antico.

Parma vide la precoce e felice parentesi del dominio francese, portato a corte dall’architetto Ennemond Alexandre Petitot. Questi fu anche il primo maestro di Giocondo Albertolli, una delle figure più interessanti per la decorazione neoclassica in Italia. Dopo essersi formato a Parma, lavorò infatti a Firenze per arrivare a Milano oramai maturo, a servizio dell’arciduca Ferdinando e in supporto all’architetto Giuseppe Piermarini. Creò una visione del neoclassicismo molto italiana, legata al rinascimento visto a Firenze e che produsse soluzioni geniali, come le volte del palazzo arciducale di Milano.

Naturalmente questa profonda modifica stilistica, che stravolse radicalmente le forme usate fino alla prima metà del XVIII secolo, influì anche sul gusto dell’arredo e degli oggetti decorativi.
Le silhouette dei mobili tornano a essere dritte e simmetriche, ma ampio spazio viene lasciato alla decorazione che pure diventa rigorosa. Esempio a tal proposito è la commode realizzata a Parigi da Jean-Francois Leleu. L’ebanista con questo pezzo ben illustra il nuovo “stile greco”. La cassa lignea è infatti arricchita con inserti bronzei che movimentano la superficie ma sempre in modo ordinato. Greche e foglie d’acanto scandiscono le superfici ma particolare attenzione è data soprattutto alla modularità dell’intarsio. Elemento arcaicizzante è riscontrabile anche nelle zampe ferine che reggono la struttura.

Antonio Canova – Le Tre Grazie

Oltre a prendere spunto dallo stile classico, alcuni oggetti sono delle fedeli riproduzioni. E’ infatti noto un tripode in bronzo, proveniente dal tempio di Iside a Pompei riprodotto alla tavola 44 del I° tomo dei Vasi, candelabri, cippi, sarcofagi, tripodi di Giovan Battista Piranesi nel 1778. Questi volumi dovevano ampiamente circolare tra gli artisti dell’epoca, come dimostra l’imitazione dell’originale da parte di Luigi e Francesco Manfredini, bronzisti in Milano.

Il Neoclassicismo rispecchia un profondo mutamento della società, nella quale la ragione, fondamento della filosofia illuminista, si ripercuote anche nella arti. Dinamismo e teatralità del Barocco e del Rococò vengono rifuggite, alla ricerca di un ordine poi travolto dagli eventi rivoluzionari alla fine del XVIII secolo.
Jean-François Leleu – Comò