Carlo Portelli
Carlo Portelli è stato un artista interessato, fino a tempi recentissimi, da una scarsa fortuna critica, anzi, alcune sue opere furono completamente stroncate dalla critica.
È il caso dell’Immacolata Concezione oggi presso le Gallerie dell’Accademia di Firenze, in merito alla quale Raffaello Borghini, verso la fine del XVI secolo, mosse una pesante critica, quale esempio di arte indecorosa.
Se le fonti sono concordi nell’indicare Loro Ciuffenna come paese natio del nostro, non vi sono però documentazioni certe, così come ignota è la data di nascita, da collocarsi verosimilmente tra la fine del Quattrocento e l’inizio Cinquecento.
Svolse l’alunnato a Firenze, presso la bottega di Ridolfo del Ghirlandaio (come ricorda Giorgio Vasari) e dove, nel 1537, si iscrisse alla Compagnia di San Luca (o dei Pittori), ricevendo il primo incarico ufficiale appena due anni dopo per Palazzo Medici, in occasione delle nozze tra Cosimo I ed Eleonora di Toledo.
Nella Firenze dell’epoca, Porteli doveva godere di una discreta fama se, fin dalla sua fondazione nel 1563, fu accolto nella neonata Accademia delle Arti e del Disegno, dove vi rimase fino alla morte; addirittura lo stesso Vasari lo indica tra i pittori “maturi” e sul quale poter fare certo affidamento per la collaborazione nella realizzazione degli apparati effimeri in occasione del matrimonio tra Francesco I de’ Medici e Giovanna d’Austria.
Fondamentale per affrancare il proprio personalissimo stile fu la frequentazione dell’orefice romano Pierpaolo Galeotti, trasferitosi nel capoluogo toscano e in seguito suo cognato; questi era appena rientrato dalla Francia, dalla quale aveva portato incisioni derivate dalle invenzioni di Rosso Fiorentino. Questa nuova “maniera” influenzò fortemente Portelli, che abbandonò i modelli fiorentini più accademici, a favore di una pittura caratterizzata da fisionomie più allungate e dalle posture contorte, la tavolozza accesa e cangiante, quasi acida.
Tutta la sua produzione è caratterizzata da una continua ricerca ed evoluzione che tenta di mediare tra i modelli della formazione e i nuovi stilemi della pittura di maniera, cercando contemporaneamente di adattarsi alle nuove esigenze concettuali e spirituali della Controriforma. Tra le più importanti opere che segnano questa svolta vi è Il martirio di san Romolo, firmato e datato 1577, per la chiesa del Cestello, oggi Maria Maddalena de’ Pazzi.
In realtà, lo stile peculiare di Portelli si può già avvertire alla metà degli anni Cinquanta, anni nei quali vengono realizzate le prime opere datate e che mostrano una chiara influenza bronzinesca, in particolar modo palesando una chiara comprensione della sua astratta raffinatezza e della sodezza delle forme. È il caso della Madonna con il Bambino e san Giovannino di Villefranche-sur-Saône , della Sacra Famiglia con san Giovannino di collezione privata o ancora dell’Allegoria della Carità di Arezzo.
Come si può ben comprendere, difficile appare dunque muoversi nella sua produzione e nella datazione della stessa, in un continuo modificare la propria personalissima maniera. È però lo studio delle opere prettamente religiose (che costituiscono il nucleo più cospicuo del corpus del nostro), quelle maggiormente documentate, che ci consente di avvicinarci di più alla conoscenza di questo artista oggi forse ancora poco compreso. Le prime committenze che ne consacrarono la fortuna contemporanea e che costituirono la maggior parte della sua carriera pittorica furono proprio quelle pubbliche religiose, a partire dall’inizio degli anni Quaranta.
Già nelle primissime opere, tra quali è certamente da segnalare la pala dell’altare maggiore della pieve di Santa Cecilia a Decimo,
rappresentante La madonna col Bambino con san Lorenzo e santa Cecilia, si notano le influenze dei più importanti artisti dell’epoca, quali Raffaello e Andrea del Sarto. Ma già chiara appare la rottura apportata dalle innovazioni dell’arte di Rosso Fiorentino che, come abbiamo già detto, più volte influì fortemente nella produzione di Portelli, in particolar modo nella tavolozza acida impiegata.
Oltre alla derivazione cromatica, l’arte del Rosso divenne ben nota al nostro grazie alle incisioni oltramontane derivate dalle sue opere, modelli che si possono identificare soprattutto negli anni Sessanta. Tra questi vi è certamente la figura di Eva nell’Allegoria dell’Immacolata Concezione del nostro, la cui postura sinuosa e la posizione di spalle all’osservatore è chiaramente una derivazione da Le tre Parche di una stampa attribuita a René Boyvin e tratte da Rosso Fiorentino. Questa pala, datata 1566, segna forse l’apice della produzione portelliana, al contempo causandone la sfortuna critica non molti decenni dopo, quando Borghini descriverà Eva come una “gran femminaccia ignuda che mostra tutte le parti di dietro”.
L’opera è infatti caratterizzata da un’iniziale sensazione di horror vacui, dietro la quale si cela però un’attenta sapienza compositiva con la contrapposizione studiata dei corpi e di giustapposizione cromatica.
Nella continua ricerca ed evoluzione artistica del nostro, la fase finale si caratterizza dunque per un’accentuazione, quasi un’estremizzazione,
attraverso la realizzazione di composizioni contorte che tanto gli varranno le critiche dei suoi contemporanei e della critica successiva, portando alla scarsa fortuna di un’artista esponente della maniera toscana.
Morì il 13 ottobre 1574 con grandi onor tributatigli dall’Accademia a cui apparteneva.