Impero
L’evento chiave del Settecento fu la Rivoluzione Francese, che modificò completamente la società, la cultura e, dunque, anche le sue espressioni artistiche. A partire dai primi anni dell’Ottocento il nuovo gusto degli arredi è caratterizzato dallo stile Impero, tipologia decorativa adottata durante gli anni nei quali Napoleone Bonaparte ricoprì il ruolo di Imperatore.
Tale stile durò storicamente dal 1804 fino al 1814, ossia fino alla Restaurazione, ma in realtà iniziò un po’ prima e proseguì più a lungo, non solo, fu infatti anche oggetto di revival.
Prima dell’Impero propriamente detto, vi fu il Direttorio, il quale deve il nome alla forma di governo che resse le sorti della Francia dal 1795 al 1799, anno in cui Napoleone divenne Primo Console. I mobili che rispecchiano questo stile non si limitarono però a questi pochi anni. Essi ricoprirono infatti l’arco temporale tra la Rivoluzione e l’Impero, comprendendo tre brevi regimi: il governo rivoluzionario (1789-95) che comprende la Convenzione (1792-95); il Direttorio (1975-99), il Consolato (1799-1804).
Dal punto di vista stilistico, il Direttorio vide la continuazione del precedente stile Luigi XVI, seppure con una maggiore austerità e pulizia decorativa.
Il modello di riferimento fu, come per il Neoclassicismo, l’antichità classica, quale epoca portatrice di quei valori tanto agognati di razionalità e giustizia (si veda l’articolo sul Neoclassicismo). Le forme dei mobili rimasero lineari e geometriche, ma privi di angoli smussati o arrotondati e con proporzioni più leggere e slanciate. Le superfici dei mobili si liberano dagli intarsi e da un’eccessiva decorazione bronzea, il mogano diventa il legno preferito. Vengono tolti dai mobili tutti i riferimenti alla nobiltà, famoso il caso dello scrittoio di Luigi XVI che dopo la sua esecuzione venne fatto modificare togliendo tutti i riferimenti al re, in bronzo o a intarsio che fossero.
Esempio di questa produzione furono i mobili realizzati dalla bottega della famiglia Jacob, attiva già con Maria Antonietta dal 1765, ma che vide una vera e propria spinta sotto il Direttorio e il Consolato. Nel XIX secolo la ditta beneficiò della protezione dell’Imperatore Bonaparte, per il quale produsse la maggior parte del mobili per le sue residenze.
Di loro produzione fu una sedia creata per i membri della Convenzione, comoda e prestigiosa, che ebbe un grande successo. Lo schienale a giorno è molto incurvato come nel modello greco detto Klismos. I montanti anteriori sono a forma di leoni alati, minuziosamente scolpiti nel mogano massello.
Lo stile del Direttorio fu inoltre influenzato dalle campagne militari promosse in quegli anni. Fondamentale fu la campagna d’Egitto del 1798, durante la quale venne inviata una commissione composta da archeologi, studiosi, architetti e disegnatori, incaricati di studiare la civiltà del Nilo e la sua cultura. Furono realizzati numerosi disegni dei monumenti egizi, che vennero fatti confluire nella Description de l’Egypte, serie di volumi pubblicati a Parigi a partire dal 1809.
I motivi decorativi ispirati alla riscoperta dell’arte dell’Egitto ebbero un’enorme diffusione, soprattutto nel periodo Impero propriamente detto. Il retour d’Egypte aveva infatti anche una finalità politica, nell’ottica di una cultura celebrativa della figura dell’Imperatore Napoleone e delle campagne militari vittoriose alle quali aveva partecipato.
Anche l’antichità classica ha un chiaro richiamo alla celebre campagna d’Italia. Lo stile impero guarda le grandi civiltà del passato, con una finalità autocelebrativa dello stesso Bonaparte.
Egli infatti vuole presentarsi come degno erede dei grandi imperi antichi, da lui con forza conquistati e sottoposti al suo controllo. Anche l’arte, che si manifesta in particolar modo negli arredi e nelle decorazioni delle residenze, deve celebrare l’Imperatore e la sua politica.
Nello stile Impero a partire dal 1804 appunto, si utilizza nelle arti tutto ciò che può dare risonanza a questa celebrazione della figura di Bonaparte.
Così le decorazioni delle pareti, delle stoffe, degli arazzi o dei tappeti, le applicazioni bronzee dei mobili, così come i decori delle ceramiche o degli orologi sono tutti simboli legati alla sua figura, come l’ape, l’aquila -desunta chiaramente dall’Impero romano-, la lettera N, le corone d’alloro, oppure legate ai suoi familiari, come il cigno, simbolo araldico della moglie Josephine, oppure ancora semplici simboli militari, quali panoplie o fasci romani.
Negli stessi anni si ritrovano pertanto arredi che risiedono maggiormente di un gusto legato all’antichità greco-romana e altri che guardano più al gusto dell’antico Egitto.
Napoleone riuscì in qualche modo a esportare il proprio stile in tutta Europa, se non nei simboli riproposti, almeno nelle forme; ad esempio quasi ovunque con piccole differenze i mobili diventarono dei parallelepipedi con plinti di sostegno e colonne sui montanti.
Anche in Italia venne adottato lo stile Impero, in particolar modo negli stati sottoposti al controllo francese. Una magniloquenza più aulica, riproposizione puntuale dello stile Impero francese, è riscontrabile solo nei centri retti direttamente dai membri della famiglia Bonaparte. A Napoli vi fu infatti il regno di Giuseppe Bonaparte e poi di Gioacchino e Carolina Murat, a Roma Paolina Borghese, e a Firenze e Lucca la sorella dell’Imperatore, Elisa Baciocchi. Non per ultime Venezia e Milano, in particolare quest’ultima, sede della famiglia imperiale. Pur essendo sottoposto al controllo francese, nel lombardo-veneto costituente il Regno d’Italia durante il periodo in cui Eugenio Beauharnais ricoprì la carica di Vicerè, si assistette a un adeguamento al gusto francese, conosciuto anche attraverso l’importazione di mobili e oggetti da Parigi.
Rispetto ai modelli francesi, gli arredi milanesi hanno perciò un tono meno fastoso, poiché vengono meno le ragioni celebrative declamate dagli ebanisti parigini. L’unica eccezione è l’allestimento del Palazzo Reale di Milano, dove Napoleone venne incoronato Re d’Italia il 26 Maggio del 1805, allestito con grande sfarzo e dove per gli arredi venne ingaggiato anche Giuseppe Maggiolini. Va detto però che nemmeno l’arrivo di Napoleone riuscì a modificare il gusto per l’intarsio del grande ebanista che realizzò due splendidi comò in mogano come richiesto con applicazioni in bronzo dorato, ma personalizzati da festoni intarsiati di una grande varietà di fiori eseguiti con una tecnica impeccabile.