“ILLE. HIC. EST. RAPHAEL. TIMVIT. QVO. SOSPITE. VINCI RERVM MAGNA PARENS ET MORIENTE MORI” (“Qui sta quel Raffaello, mentre era vivo il quale, la Natura temette di essere vinta e, mentre moriva, di morire con lui”).

Il celebre epitaffio posto sulla tomba dell’artista nel Pantheon di Roma, ben esplica il ruolo che Raffaello ha ricoperto nell’arte. Proprio con la riproduzione del monumento funebre si apre la mostra Raffaello 1520-1483, a cura di Marzia Faietti e Matteo Lafranconi con il contributo di Vincenzo Farinella e Francesco Paolo Di Teodoro.

L’esposizione è stata realizzata nell’anno di Raffaello, in occasione del cinquecentenario dalla sua morte, avvenuta nella notte tra il 6 e il 7 aprile 1520 ed è stata organizzata dalle Scuderie del Quirinale con le Gallerie degli Uffizi, in collaborazione con Galleria Borghese, Musei Vaticani e Parco Archeologico del Colosseo.

Per effetto del DPCM dell’8 marzo 2020 le Scuderie del Quirinale sono chiuse al pubblico fino a nuove disposizioni governative.

L’esposizione è visitabile virtualmente al seguente link, dove sono inoltre disponibili ulteriori approfondimenti.

Sviluppandosi in 10 sale, la mostra presenta a ritroso il percorso artistico di Raffaello, con uno sguardo attento alle sue molteplici sfaccettature.

L’Urbinate non è presentato solo come “divin pittore” ma in qualità di artista universale. La mostra rende infatti ragione dei numerosi interessi del nostro, che non possono e non devono essere considerati in autonomia l’uno dall’altro ma che inevitabilmente si compenetrano e si influenzano tra loro. Così Raffaello pittore non può essere disgiunto da Raffaello architetto e disegnatore, e ancora dall’archeologo. Tutti questi aspetti emergono nella sua arte, dalle committenze più prestigiose, quali quella Chigi e quella papale di Giulio II, alle quali è dedicata un’intera sala.

La mostra abbraccia tutta la produzione dell’artista, concentrandosi soprattutto sul periodo romano. Una volta giunto nell’Urbe, chiamato nel 1508 per realizzare gli affreschi delle Stanze Vaticane, in particolar modo nella Stanza della Segnatura, Raffaello ebbe la possibilità di entrare direttamente in contatto con l’antichità classica. Le sue opere mature sono infatti caratterizzate da un’attenzione nuova a questo aspetto che al contempo è una naturale evoluzione di elementi già presenti nelle sue opere giovanili, ancora quando queste risentivano dell’influenza del Perugino.

Il confronto con gli antichi si ritrova costantemente nella sua arte, come modello non semplicemente da emulare, ma da assurgere a ideale e da far proprio.
Solamente un artista del calibro di Raffaello poteva riuscirci, con una sensibilità tutta particolare che gli consentì di rielaborare in modo personalissimo l’eredità degli antichi.

Nella mostra sono presentati molti capolavori dell’artista, che dialogano tra di loro in un percorso filologico che consente di esplorare e comprendere appieno il genio raffaellesco.

Una sala, la II, è infatti dedicata a una lettera, scritta con il supporto letterario dell’amico Baldassarre Castiglione, rivolta a Leone X, papa di altissima caratura intellettuale. Nella lettera dedicatoria emergono infatti due interessi di Raffaello: l’architettura, in particolar modo il disegno a essa legato, e la tutela del patrimonio culturale, aspetto ancora oggi considerevole. Attorno ai fogli, sulle pareti della sala, dialogano tre opere emblematiche: i ritratti dei protagonisti della lettera.

Tre capolavori (Baldassarre Castiglione e Autoritratto con amico del Musée du Louvre e il Leone X con i cardinali Giulio de’ Medici e Luigi de’ Rossi delle Gallerie degli Uffizi) che da soli potrebbero illustrare gli obiettivi e le aspirazioni del Raffaello dei tardi anni romani.

E anche nelle sale successive si ritrovano molte delle sue opere principali. La Fornarina e La Muta sono presentante nella sala dedicata al parallelo tra poesia e pittura, nella quale emerge l’adesione alla filosofia neoplatonica e alla rappresentazione dell’universo femminile. E ancora la Madonna del Granduca, il Ritratto di Giulio II, la Dama con Liocorno e la Santa Cecilia.

Ma non solamente le sue opere pittoriche sono protagoniste, grande attenzione è stata dedicata anche ai suoi disegni, dove già emerge tutta la filosofia e la grazie raffaellesca, veri e propri appunti del pensiero artistico e filosofico del nostro.

La mostra si conclude simbolicamente con il celebre Autoritratto delle Gallerie degli Uffizi, trasformatosi nell’iconica immagine con la quale il giovane Raffaello si presentò al mondo e con la quale ancora oggi è identificato.

Raffaello fu un eccezionale mediatore, come si è visto, di linguaggi differenti da lui perfettamente gestiti e fatti confluire all’interno di opere improntate a valori universali. Come sostiene la curatrice Marzia Faietti, l’artista si rende portatore di un messaggio assoluto, quello della pax filosofica quale fondamento della pace stessa, universalmente intesa. Opera emblematica, ma assente dalla mostra per ovvi motivi, è la celebre Scuola di Atene, affresco vaticano dove tale messaggio trova pieno riscontro e al quale il nostro doveva certamente aderire pienamente.