La coscienza etica moderna e l’attenzione che nell’ultimo secolo (in particolar modo negli ultimi decenni) è stata posta alla salvaguardia dell’ambiente e dell’ecosistema hanno finalmente messo sotto tutela e protezione le tartarughe, così come gli elefanti e molti altri animali.

Tali creature, ancor oggi vittime del bracconaggio illegale, sono state nel corso dei secoli passati oggetto di caccia per il recupero di materiali ritenuti preziosi: il carapace della tartaruga, l’avorio degli elefanti, il dente del Narvalo, le pelli preziose dei felini o dei coccodrilli, ma anche i coralli e le piante esotiche ora in via di estinzione come i palissandri.

Abbiamo citato solo alcuni degli esempi, tra i più noti, che hanno costretto i governi a prendere provvedimenti che ne vietano la lavorazione ed il commercio. Molti paesi hanno deciso di vietare addirittura la vendita ed il commercio anche di oggetti antichi, ritenendo che il successo commerciale della vendita degli stessi potesse stimolare la realizzazione di copie contribuendo così ad incentivare la caccia a certe specie animali.

Si arriva così oggi ad eccessi di zelo dove opere d’arte antiche vengono bruciate in roghi perché contenenti questi materiali. Misure forse eccessive? Non vogliamo qui entrare in merito a valutazioni etiche complesse che da una parte vedono il rischio di colpire un patrimonio, ma che hanno indubbiamente prodotto risultati, come quello di aver fatto crollare il mercato dell’avorio, colpendo duramente il bracconaggio. Ciò non toglie che nella maggior parte degli Stati oggetti di comprovata autenticità ed epoca possono essere esposti, comprati e venduti come oggetti d’arte; i musei di tutto il mondo infatti ne vantano esempi nelle proprie collezioni.

Vogliamo trattare, in alcune schede di approfondimento, quale sia stato l’uso di alcuni di questi materiali, per spiegarne il fascino che suscitarono tra i collezionisti dei tempi antichi. Rientravano infatti spessissimo nelle Wunderkammer come elementi rari e preziosi, mirabilia.

Tra questi vi è indubbiamente la tartaruga, un materiale naturale, ampiamente impiegato come elemento decorativo nella produzione di oggetti d’arte e di arredi di lusso.
La tartaruga infatti, fin dalle epoche più antiche, è stata riconosciuta come materiale prezioso per la produzione di manufatti di pregio.
Già Seneca, nel I secolo d.C., riporta nel suo “De Benificiis” l’alto valore di questo materiale:

“Video laboratam scrupolosa distinctione testudinem et foedissimorum pigerrimorumque animalium testas ingentibus pretiis amptas, in quibus ipsa illa, quae placet, varietas subditis medicamentis in similitudinem veri coloratur “(Seneca, De Benificiis VII 9, 2).: “Ecco la tartaruga lavorata in scaglie sottilissime e, comprati a grande prezzo, i gusci degli animali più repellenti e pigri nei quali quella stessa screziatura che li fa apprezzare viene colorata artificialmente, a imitazione della natura”.

Il suo utilizzo come rivestimento di pregio è però documentato dal XVII secolo, principalmente nei centri di produzione tedeschi, Augusta di Baviera e Anversa nelle Fiandre, dove veniva impiegata per il rivestimento di scatole portagioie, monili vari e impiegata come rivestimento di piccoli arredi come i monetieri.

In Italia la produzione di manufatti artistici in tartaruga è legata alla presenza e influenza di ebanisti nordici e dei continui scambi commerciali con il resto d’Europa. L’ arrivo di numerosi migranti cattolici in fuga dalle terre di nuova fede protestante porta esperti artigiani e commercianti nella nostra penisola, con particolare riferimento al Meridione. Tra i centri di lavorazione i più affermati sono sicuramente Napoli e Torre del Greco.

Lavorazione a Piqué
Tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo sorgono nella capitale partenopea importanti atelier, tra i più celebri quelli dei tabacchieri Giuseppe e Gennaro Sarao, Nicolas De Turris e Antonio Laurentis, nominato orefice di corte nel 1747.

Esempi delle meraviglie di oreficeria dell’epoca con lavorazione a “piqué” sono alcuni oggetti di Giuseppe Sarao: da menzionare una scatola scrigno, firmata e datata 1731 , appartenuta alla regina Sofia Maddalena di Danimarca e ancora un pregiato tavolo conservato all’Hermitage di San Pietroburgo.

Lavorazione Tartaruga

A questo proposito non possiamo non citare una splendida mostra organizzata a Parigi presso la galleria Kugel alla fine del 2018, “Piqué, gold thortoiseshell and mother-of-pearl at the Court of Naples”, dove furono esposti una discreta quantità di oggetti delle botteghe Napoletane di grandissimo pregio realizzati secondo la tecnica appunto detta “piqué”.

Si tratta di oggetti presenti in diversi musei internazionali perché erano utilizzati per la loro preziosità come doni di scambio tra i regnanti. Tale lavorazione, forse nata a verso la fine del XVI secolo, vede negli artisti napoletani i suoi maggiori esponenti. Consisteva nello scaldare la tartaruga in acqua bollente con aggiunta di olio di oliva in modo da ammorbidirla per poi incrostare inserti in oro, madreperla o altri materiali preziosi. Il carapace, raffreddandosi e indurendosi, tratteneva quindi gli inserti senza l’uso di colle.

Le botteghe partenopee crebbero in successo e quantità lungo tutto il XIX sec. A Torre del Greco nel 1878, con Real Decreto, venne istituita la “Scuola per la lavorazione del corallo”, divenuta pochi anni dopo ” Scuola di incisione sul corallo e di arti decorative industriali”, con perfezionamento delle tecniche di lavorazione di materiali organici come madreperla, conchiglie, pietra lavica, avorio, corno e tartaruga. Tra le molte applicazioni del genere vanno annoverate, accanto alla manifattura di grande pregio, anche oggetti di uso comune quali servizi da toeletta, pettini, scatole, cofanetti porta gioielli, pomi, servizi da scrittoio, cornici, astucci e varie altre. Il Volume secondo delle “Forze produttive della provincia di Napoli per Alessandro Bertocchi”- Napoli, 1874- riporta che secondo un censimento del 1871 a Napoli e Torre del Greco erano oltre 1200 le persone dedite ad attività legate alla produzione di oggetti di pregio in tartaruga e corallo.